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Una volta il futuro era migliore – Online il video della conferenza di Sabino Cassese

Luci e ombre dell’Italia di oggi (e di domani) sono state analizzate dal prof. Sabino Cassese, che è intervenuto nell’aula virtuale del Collegio Ghislieri presentando il suo ultimo libro, Una volta il futuro era migliore. Lezioni per invertire la rotta (Solferino-Corriere della Sera, 2021). L’evento è stato moderato dalla prof. Cristina Campiglio, Direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pavia; il video integrale è disponibile sul canale YouTube del Collegio.

Il prof. Cassese è stato già in passato ospite del Ghislieri. Per questo il Rettore del Collegio, prof. Andrea Belvedere, ha sottolineato con piacere come “il suo ritorno ci sia particolarmente grato. Come dovrebbe essere per tutti i grandi giuristi, il prof. Cassese non è solo un giurista: non solo quindi un conoscitore di norme ma uno studioso della società nei suoi vari aspetti e un politologo, cosa che rende la sua partecipazione a questo incontro ancora più di particolare valore e interesse”.

“L’espressione del titolo del mio libro”, ha esordito il prof. Cassese, “è stata adoperata per la prima volta da un uomo di teatro tedesco della prima metà del Novecento e, parallelamente e indipendentemente, da Paul Valéry. Quest’espressione ha avuto una fortuna strana e ampia. Si trova in una bella poesia di Mark Strand e si trova anche come titolo di una raccolta di brani inediti dei Doors, che si sono sciolti nel 1973 ma nel 1997 hanno pubblicato The Future Ain’t What It Used To Be. Quest’espressione è stata inoltre utilizzata in Italia in un bel saggio di Claudio Magris ed è oggetto di attenzione da parte degli studiosi di psicoanalisi della scuola napoletana, i quali vedono in questo titolo un esempio di ciò che chiamano ‘liquidità temporale’. Viene quindi utilizzata in varie parti del mondo, da parte di intellettuali e non intellettuali, in culture e lingue diverse proprio per la sua capacità di mettere insieme il presente, il passato e il futuro, rendendo evidente la loro continuità”.

Già Professore Ordinario di Diritto Pubblico dell’Economia e di Diritto Amministrativo presso l’Università di Roma “La Sapienza”, il prof. Cassese ha all’attivo numerosi periodi di ricerca in prestigiosi atenei esteri, dall’Institut d’Études Politiques di Parigi al Nuffield College di Oxford, dalla Stanford Law School alla Global School of Law di Lisbona. A cavallo fra 1993 e 1994 è stato Ministro per la Funzione Pubblica nel Governo Ciampi; dal 2005 al 2014 ha seduto nella Corte Costituzionale, di cui è ora Giudice Emerito. Il grande pubblico lo conosce e lo apprezza per i suoi acuti editoriali sul Corriere della Sera e per le numerose approfondite interviste al Foglio quotidiano.

Si trova pertanto in una posizione privilegiata per condurre quest’indagine rispetto all’evoluzione sociale dell’Italia, e alle prospettive che ne conseguono, senza abbandonarsi al pessimismo ma senza nemmeno omettere del sano realismo: “Confrontiamo sempre il modo in cui viviamo col modo in cui si è vissuto, spesso rifacendoci a esperienze altrui, che noi non abbiamo vissuto. In cosa hanno vissuto diversamente da noi le persone che hanno vissuto nella prima metà del Novecento? Una prima diversità sta nelle due guerre mondiali, con sessanta milioni di morti nel solo teatro europeo, a fronte di una sostanziale assenza di conflitti bellici in Europa nel periodo successivo. Un secondo aspetto riguarda le condizioni sociali delle comunità, con lunghi regimi autoritari e oppressivi; un terzo il progresso tecnologico. In questo senso il paragone fra quei tempi e il settantennio successivo è a favore del secondo. Ciò non vieta che oltre alle luci ci siano delle ombre. Ad esempio in Italia, a partire dagli anni Ottanta, si è passati dal 90% al 70% di partecipazione politica attiva. In Italia il tasso di scolarizzazione aumenta meno che in altre nazioni dell’Ue, e metà della nostra popolazione appartiene alle categorie degli analfabeti, analfabeti di ritorno o analfabeti funzionali. In termini di economia siamo fermi da venticinque anni, così che abbiamo un grosso problema di sviluppo. Per questa ragione, nell’ultimo capitolo del volume, indico alcuni elementi di speranza ed elenco alcuni suggerimenti che a mio avviso sono rilevanti per far sì che sulle ombre prevalgano le luci”.