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Da Pavia a Bruxelles, al lavoro col Segretariato del Consiglio – Intervista a Guido Sala Chiri

[Clausola di non responsabilità: tutte le opinioni sono espresse a titolo personale e non possono essere considerate come una posizione ufficiale del Consiglio dell’Unione europea o del Consiglio europeo]

Da dieci anni Guido Sala Chiri è funzionario presso le istituzioni europee ma, quando si tratta di illustrare di cosa si occupi a chi non è addentro alle questioni internazionali, il nostro Alunno ammette che non è semplice. “Lavoro al Segretariato generale del Consiglio”, spiega in collegamento con Ghislieri.it dal proprio studio a Bruxelles, a pochi gradini di distanza da una delle moderne ed efficienti sale che siamo abituati a vedere nei telegiornali, dove si riuniscono i ministri e i leader europei . “Faccio parte di un team che fornisce consiglio e supporto su questioni di procedura, ma anche su questioni politiche, riguardo a tutto ciò che avviene in seno al Consiglio dell’Ue e al Consiglio europeo (due istituzioni distinte, ricordiamolo). Una grandissima parte è attività legislativa, quindi seguiamo tutta la vita di un dossier dalla proposta della Commissione, passando per le varie fasi di discussione in Consiglio e in Parlamento, fino alla pubblicazione del testo definitivo in Gazzetta Ufficiale. Svolgiamo, mutatis mutandis, un lavoro non molto diverso da quello che faremmo se fossimo al Senato italiano come consiglieri parlamentari”.

Dopo un periodo trascorso su temi correlati ad agricoltura e sicurezza alimentare, da tre anni il dott. Sala Chiri è passato a occuparsi soprattutto di questioni connesse allo Stato di diritto. “È un tema di cui si parla spesso sui giornali, in particolare con riferimento ad alcuni Stati membri come la Polonia o l’Ungheria, ma non solo. Negli ultimi anni ha incrementato la propria salienza politica proprio perché ci si è resi conto che tra i vari principii che sono contenuti nel Trattato sull’Unione europea – ai famosi articoli 2 e 3, in cui l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori (tra cui appunto la libertà, la democrazia, i diritti umani, lo Stato di diritto) e il benessere dei suoi popoli – è uno di quelli che risultano fondamentali nel funzionamento quotidiano dell’Unione. Parlo, ad esempio, dell’indipendenza del potere giudiziario. Per questo utilizziamo vari strumenti volti alla protezione non solo dello Stato di diritto ma anche degli altri valori europei. Penso all’articolo 7 del Trattato, che può portare a sanzioni nei confronti di Stati membri che violino i valori dell’Unione. Il nostro è un lavoro che consiste molto anche nel seguire quello che accade nelle altre istituzioni, cosa fa il Parlamento europeo o la Commissione, così da tenere al corrente i nostri superiori e il livello politico (la Presidenza del Consiglio dell’Ue, fino al 30 giugno detenuta dalla Francia, e il Presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel)”.

È noto che la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sin dal proprio insediamento ha voluto dare grande risalto alla questione dei valori europei. “È una questione di priorità politiche”, argomenta il dott. Sala Chiri. “Nel discorso sullo Stato dell’Unione che la Presidente ha tenuto all’apertura dell’anno istituzionale 2021-22, tra i vari temi, ha individuato come priorità lo Stato di diritto. Alcuni strumenti al riguardo erano già sul campo ma non erano ancora attivi. Dal 2020 la Commissione redige un rapporto annuale sullo Stato di diritto nei singoli Stati membri e, nell’edizione che uscirà tra qualche settimana, a metà luglio, ci saranno raccomandazioni più specifiche in materia. Un altro strumento è la condizionalità per la protezione del bilancio in caso di violazioni dello Stato di diritto, la cui procedura è stata attivata ad aprile contro l’Ungheria. Di recente inoltre si è discusso molto del parere favorevole dato dalla Commissione all’adozione del Pnrr della Polonia, con un piano che fra i propri obiettivi ne ha alcuni molto precisi sullo Stato di diritto; la Commissione garantisce che i fondi europei saranno erogati solo se questi obiettivi saranno conseguiti, sotto una vigilanza piuttosto stringente”.

“Senza entrare nel dettaglio delle valutazioni sui singoli Stati membri, da diversi anni si vede un trend ascendente nell’attenzione e nella centralità politica di questi temi nell’Unione”, prosegue. “Se torniamo indietro anche solo al 2014, erano temi che a livello di Consiglio dell’Ue quasi non venivano discussi, in quanto molti Stati membri li ritenevano competenza esclusiva, interamente sotto la sovranità nazionale. In anni più recenti abbiamo rafforzato il dialogo fra Stati membri in seno al Consiglio dell’Ue, dove ci si confronta a scadenze regolari, in maniera seria ma costruttiva al riguardo; e soprattutto la Corte di giustizia dell’Unione europea ha sviluppato una giurisprudenza molto chiara in materia, sancendo che molti elementi dello Stato di diritto sono sì una competenza nazionale ma cui dev’essere data attuazione nel rispetto di quanto è contenuto nei trattati europei. In quanto guardiana dei trattati, la Commissione può dunque vigilare su quanto avviene negli Stati membri. C’è indubbiamente un’attenzione maggiore, una presenza maggiore a livello politico e giuridico. Spesso c’è il problema che molti di questi aspetti tecnici sfuggono a chi non segue pubblicazioni specifiche. È vero che online si trovano molte informazioni a riguardo – penso ad esempio a Politico.eu – ma talora i media nazionali generalisti se ne occupano in maniera imprecisa”.

Il percorso che lo ha portato a Bruxelles è iniziato a Pavia, con una specie di folgorazione sotto i portici dell’Università. “Quando mi sono laureato ero indeciso sul da farsi”, racconta. “Subito dopo sono andato a seguire un master in studi europei al Collège d’Europe di Bruges ma, al contempo, ho cominciato un dottorato in diritto pubblico comparato a Pavia. Finito il master sono tornato in Italia per completare il dottorato, recandomi poi a Bruxelles per uno stage alla Commissione. Sono quindi rimasto un paio d’anni nel mondo della ricerca, trascorrendo anche sei mesi a New York; erano gli anni successivi al grande allargamento dell’Unione avvenuto nel 2004, quando dunque non c’era possibilità di concorsi pubblici per posti da funzionario nelle istituzioni dell’Ue per i cittadini dei ‘vecchi’ Stati membri. Quando i bandi sono nuovamente stati pubblicati nel 2010, ho partecipato a uno di questi concorsi e sono tornato a Bruxelles, approdando al Segretariato del Consiglio una decina d’anni fa”.

I concorsi pubblici restano dunque la strada maestra per chi voglia intraprendere una carriera nelle istituzioni europee anche se, specifica, “di questi tempi l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) sta riflettendo su una riforma delle formule di accesso, per renderle più agili e fruibili in un’epoca in cui molto si può fare da remoto”. Quanto all’esperienza collegiale, il dott. Sala Chiri non ha dubbi: “Sicuramente il Ghislieri mi ha aiutato nell’apertura mentale, che nasce dal fatto di trovarsi sin dal primo giorno con amici che hanno profili completamente diversi e studiano cose completamente diverse da te, ma condividono la stessa forma mentis e la stessa curiosità. Fino all’ultimo, in Ghislieri, ero talmente contento di essere a Pavia che non volevo spostarmi; al quarto anno, finita la sessione d’esame invernale, girando per i cortili di Scienze politiche, ho notato il bando per l’Erasmus e ho riflettuto sul fatto che mi restava solo un anno per approfittarne. E infatti sono partito per Lille, nell’ultimo semestre del quinto anno, e lì si sono sviluppati nuovi interessi che mi hanno portato verso una direzione diversa da quella che pensavo, meno accademica e più internazionale”.

“Ormai è difficile pensare che chi ha interesse per le carriere internazionali possa stare a Pavia per cinque anni pieni, senza viaggiare”, conclude. “Questa è indubbiamente una sfida per il concetto di collegio residenziale ma è anche una grande opportunità, perché fa sì che chi parte mantenga contatti con il Ghislieri all’interno di un orizzonte che si estende su tutta l’Europa e oltre”.

Guido Sala Chiri è ghisleriano dal 2001. Dopo la laurea specialistica in Scienze politiche ha proseguito la propria formazione con un master in European Political and Administrative Studies presso il Collège d’Europe di Bruges, e con un dottorato di ricerca in Diritto pubblico comparato e Diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Pavia. Ha svolto un periodo di ricerca presso la Columbia University di New York. Dal 2012 è funzionario dell’Unione europea presso il Segretariato Generale del Consiglio a Bruxelles, dove si è occupato di agricoltura (standard alimentari internazionali e Codex Alimentarius, questioni veterinarie e fitosanitarie, foreste). Al momento segue questioni legate allo Stato di diritto, in particolar modo le procedure ex articolo 7(1) del Trattato dell’Ue e il dialogo annuale del Consiglio sullo Stato di diritto.