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Rasori, Sacco e il Ghislieri nella storia della lotta alle epidemie

C’è un po’ di Ghislieri anche nella storia dell’Ospedale Sacco di Milano, uno degli istituti in prima linea nella lotta alla pandemia di Covid19. L’ospedale infatti è dedicato alla figura di un nostro Alunno, Luigi Sacco (1769-1836). Originario di Varese, Sacco entrò al Collegio Ghislieri per studiare medicina all’Università degli Studi di Pavia, dove si laureò ventitreenne, nel 1792. “Fin da subito Sacco si distinse come sostenitore del vaccino”, spiega la dott. Giulia Delogu, anche lei Alunna del Collegio e ricercatrice in Storia Moderna presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia: “Man mano che la sua fama e la sua autorevolezza crescevano, divenne il punto di riferimento di questa pratica in Lombardia. Quando diede alle stampe il suo Trattato di vaccinazione, nel 1809, sostenne di essere riuscito a vaccinare un milione e mezzo di persone!”.

Fermamente convinto della validità del vaccino, Sacco era pronto a qualsiasi cosa pur di diffonderlo. “Non solo lo somministrò a sé stesso per dimostrare che non si correva alcun pericolo e che non bisognava nutrire timori”, spiega ancora Giulia Delogu. “Pur di convertire alla vaccinazione una popolazione che restava titubante, Sacco non esitò a rendere pubblica l’omelia del vescovo di Goldstat: un vescovo inesistente di una diocesi immaginaria, il cui testo era stato inventato di sana pianta da Sacco stesso per sconfiggere le remore dei più retrivi”.

L’imponente campagna di vaccinazione condotta da Sacco in Lombardia non avrebbe potuto attecchire, tuttavia, senza l’aiuto di un altro personaggio strettamente legato alla storia del Ghislieri: Giovanni Rasori (1766-1837), che indirizzò l’amministrazione napoleonica verso strategie moderne di contrasto alle epidemie per mezzo della prevenzione.

Rasori non era stato alunno del Collegio – era di Parma e lì si era laureato giovanissimo in medicina – tuttavia, diventato appena trentenne professore all’Università di Pavia, venne nominato Rettore del Collegio Ghislieri, ribattezzato Collegio Nazionale durante il triennio giacobino. “Si trattava di un personaggio non solo convintamente riformatore ma anche profondamente ostile a ogni gerarchia”, continua Giulia Delogu: “In questa maniera fu forse inevitabile che si alienasse le simpatie dei colleghi più anziani, al punto da lasciare Pavia nel 1799 e non farvi più ritorno. Si arruolò fra i filo-napoleonici, peraltro nello stesso battaglione di Ugo Foscolo, e prese parte alla difesa di Genova fra il 1799 e il 1800”.

Mentre infuriava la battaglia, scoppiò fra le truppe e si diffuse rapidamente nella popolazione una violenta epidemia di febbre tifoide; Rasori non esitò a mettere a disposizione la propria conoscenza scientifica per combatterla. “Si guadagnò così la fama, che lo accompagnò nel resto della vita, di essere uno de’ prmi medici della nostra Italia. Non solo: da quest’esperienza di lotta a un’epidemia, Rasori trasse importanti osservazioni sulla trasmissione delle malattie infettive, che furono poi alla base della teoria del contagio sviluppata successivamente da Agostino Bassi”. Anche Bassi (1773-1856) fu alunno del Collegio Ghislieri: originariamente iscrittosi a medicina, passò attraverso studi di botanica prima di scoprire la vocazione medica e diventare il pioniere della moderna batteriologia.

“Questo rende l’idea della rilevanza dell’eredità scientifica di Rasori. L’aspetto fondamentale”, conclude Giulia Delogu, “è che l’esperienza che aveva accumulato fu decisiva nel cambiare nel Nord Italia l’approccio ai temi di prevenzione e sanità pubblica, come dimostra il suo sostegno alla campagna di Sacco. Epidemie come quella scoppiata durante l’assedio di Genova non erano un’eccezione in età moderna, specie nelle città portuali che costituivano ciò che oggi chiameremmo un hub commerciale, ossia il punto d’incontro di reti globali di circolazione di persone, oggetti e conoscenze. Proprio per questo le città porto erano state fra le prime, già dopo la devastante peste del Trecento, a dotarsi di magistrati alla Salute e a sviluppare rudimentali sistemi di controllo (a cominciare dalla quarantena e dalla patente di sanità, un antenato dell’autocertificazione). Qual era la differenza, però? Che queste contromisure all’epoca non avevano come fine la cura dei malati e il benessere dei cittadini bensì la difesa dei soli interessi commerciali della città. Oggi per fortuna non è più così. Ma il concetto di sanità pubblica, come lo intendiamo adesso, sarebbe emerso più tardi, solo a Settecento piuttosto maturo; e non sarebbe stato lo stesso, in Italia, senza l’impegno di Rasori e di Sacco”.

Giulia Delogu al momento è impegnata nella curatela del catalogo della mostra “Una materia che parlava al mio cuore». Studi e studenti di scienze biomediche al Collegio Ghislieri tra Sette e Novecento”, da lei allestita in Collegio nel 2019, in collaborazione con gli alunni Daniele Amodio, Massimiliano Bianchini, Giuseppe Paolo Greco, Matteo Scodanibbio e Ludovica Taurisano.