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Il Papa che fondò il Ghislieri – Virginio Bono racconta la vita di Pio V
San Pio V papa del Rosario - Papa Pio VVaticano.com

Tutto inizia nel 1518. “Quattordicenne pastore di pecore, Antonio Ghislieri, di Bosco nella diocesi di Tortona, entra nel convento domenicano di Santa Maria della Pietà a Voghera, dove ‘fioriscono le lettere e la pietà’, veste l’abito e diventa fra Michele”, racconta a Ghislieri.it Virginio Giacomo Bono, nostro Alunno e autore del volume San Pio V Ghislieri. Dal convento di Voghera al Soglio Pontificio (Bell&Tany edizioni, 2022), la cui uscita è stata promossa dal Comitato d’onore costituito per celebrare i quattrocentocinquant’anni dalla morte (e i trecentocinquanta dalla beatificazione) del Pontefice fondatore del Collegio. Ghislieri.it ha incontrato il prof. Bono per inaugurare una serie di approfondimenti che costelleranno il mese, dedicato alla celebrazione dell’anniversario della fondazione del Ghislieri, avvenuta il 27 novembre 1567.

“Il volume ripercorre alcuni momenti salienti della straordinaria vicenda religiosa del Papa di Bosco Marengo”, spiega il prof. Bono; “un Papa che si è rivelato capace di corrispondere ai bisogni della cristianità, in un contesto particolarmente difficile, ponendo riparo allo scisma religioso, riformando la Chiesa secondo i principi del Concilio di Trento, affrontando il pericolo turco e facendosi promotore di cultura per una società cristiana rinnovata”.

“Zelo religioso e rigorosa preparazione dottrinale, rigida intransigenza nella difesa dell’ortodossia, ascetismo che lo rende estraneo alla mondanità dei papi rinascimentali sono le caratteristiche più appariscenti della sua personalità”, prosegue, “tutte rapportabili alla formazione domenicana nei conventi di stretta osservanza della Lombardia Superiore (circoscrizione che va da Milano al territorio piemontese-ligure), come hanno documentato gli Atti del Convegno internazionale di studi tenutosi nel 2004 a Bosco Marengo e ad  Alessandria in occasione del cinquecentenario della nascita.

“Noviziato e professione solenne a Vigevano nel convento di San Pietro Martire, ordinazione sacerdotale a Genova nel convento di Santa Maria di Castello, quindi studi di teologia nello studium solemne a Bologna, dove visse e morì San Domenico, e formazione nell’ambito della più ortodossa dottrina scolastica medioevale. La difesa dall’eresia sarà poi per un domenicano osservante la naturale conseguenza della preparazione teologica: il modo per preservare dalla dissoluzione un ordine universale voluto da Dio, immutabilmente definito nella Summa di San Tommaso. Di qui l’azione di fra Michele – tale sempre rimasto – negli incarichi di insegnante, priore di convento, vescovo (a Sutri, Nepi, Mondovì), cardinale, rigido inquisitore della Chiesa romana, Papa, col compito di ristabilire l’ordine contro il ‘disordine’ (delle deviazioni luterane, calviniste, spiritualistiche, etc.), ritenendo che siano in gioco gli interessi superiori della vera religione (quella predicata dagli apostoli e attestata dai martiri) e la salvezza stessa dell’uomo”.

Secondo un celebre episodio, ripreso dal libro, Pio V minaccia addirittura di far trasferire altrove la sede papale se Roma non avesse cacciato le prostitute, a riprova di una sua dirittura morale in netto contrasto con i costumi dell’epoca: “Vescovo di Roma, Pio V vuol fare della sua diocesi una vetrina delle riforme conciliari e della città un grande spazio liturgico: dunque, un’attività anche spettacolare, nel clima della nuova spiritualità, è caratterizzata da visite di chiese e ospedali, conventi e prigioni, da processioni solenni e pellegrinaggi alle Sette Basiliche (dove sono esposte le reliquie dei Santi), per essere di modello agli altri vescovi.

“Per migliorare la moralità del popolo romano, il Papa espelle da Roma un gran numero di prostitute, punisce l’accattonaggio, la questua (con due bolle: 1567 e 1570) e la bestemmia, vieta il combattimento di tori e il carnevale, impone un limite al lusso e alle spese in occasione di feste. D’altra parte Pio V, proveniente da famiglia povera, è particolarmente sensibile ai problemi delle classi disagiate, e al loro soccorso interviene con riduzioni di imposte, sovvenzioni di ogni genere (distribuzione di somme ai bisognosi durante la carestia del 1566 e organizzazione dei servizi sanitari nelle epidemie che ne seguono), lotta all’usura, lavori di risanamento e di bonifica”.

Notevolissimo è l’interesse di Pio V per le arti e l’architettura, testimoniato dall’apparato iconografico del volume, nonostante una vulgata che lo vuole Papa anti-rinascimentale. “A Roma fa costruire o restaurare chiese e conventi, con richiami formali alla tradizione, fa erigere monumenti sepolcrali imponenti, fa riedificare il distrutto palazzo del Sant’Uffizio e attende a costruzioni di pubblica utilità”, illustra il prof. Bono. “Vuol fare della città la nuova Gerusalemme per il secondo profetizzato avvento di Cristo: la Parusia. Ma è al luogo d’origine e a Pavia universitaria che riserva una particolare attenzione.

“A Bosco, sua terra, con bolla Praeclarum quidem opus, emanata il primo agosto 1566, delibera la costruzione del convento domenicano con l’alta mole della chiesa di Santa Croce, delineando l’aspirazione all’equilibrio di una vita comunitaria caratterizzata da disciplina, preghiera e studi severi. La chiesa di Santa Croce – esemplare per le chiese conventuali – è sontuosa perché casa di Dio, a croce latina, col mausoleo papale, dove vorrebbe essere deposto alla morte (sotto la Resurrezione di Cristo ad altorilievo), e la gran macchina d’altare allestita dal Vasari, in cui campeggia l’immagine grandiosa del Giudizio Universale; il convento è povero ma immensamente spazioso, provvisto di cospicui beni immobiliari. Si tratta di un complesso monumentale degno della magnificenza pontificia, faro di sapienza e di luce divina su tutta la valle, in virtù soprattutto di una biblioteca ricca e moderna, di libri liturgici preziosamente miniati.

“E a Pavia, l’anno dopo, dispone la fondazione del Collegio Ghislieri (la bolla di istituzione Copiosus in misericordia Dominus è, però, del 10 gennaio 1569), che accoglie giovani bisognosi e meritevoli, di accertata moralità, provenienti dai territori rurali di Bosco e Alessandria e iscritti all’Università: a loro – ‘freschi rincalzi’ – è affidato il compito di rinnovare la società cristiana. L’edificio, che si caratterizza, dal punto di vista architettonico, per la misura e la semplice eleganza e per una particolare aderenza alle funzioni, è opera di Pellegrino Pellegrini detto il Tibaldi, architetto di elezione di Carlo Borromeo: organismo globale e autosufficiente (completo di dormitorio con camere singole e di spazi comuni per la refezione, lo studio e le pratiche religiose), improntato a equilibrio fra interno ed esterno”.

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Le committenze di Pio V vanno iscritte in un contesto per cui “dal Concilio di Trento era stata riaffermata la legittimità della venerazione delle immagini contro la diversa posizione protestante: le opere di pittura e ‘altre similitudini’ hanno la funzione di tener viva ‘la rimembranza degli articoli di nostra fede’ e dei miracoli, di promuovere l’imitazione dei Santi, di suscitare sentimenti di pietà. Così le arti figurative, come le intende Pio V, al pari e forse più delle celebrazioni liturgiche, diventano mezzo di comunicazione coi fedeli, veicolo privilegiato di messaggio per la cui trasmissione vengono incaricati anche gli artisti più famosi, e in primo luogo il Vasari, a cui è affidata la decorazione della chiesa di Santa Croce a Bosco, della sala Regia in Vaticano (con la raffigurazione della Battaglia di Lepanto) e della tre cappelle della Torre Pia a Roma”.

A Pio V, dominicano, si deve anche l’avviamento della costruzione di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, a riprova di una grande attenzione nei confronti del francescanesimo. “Pio V trova un valido appoggio alla sua azione riformatrice nei nuovi ordini religiosi (teatini, barnabiti, somaschi e soprattutto gesuiti)”, spiega il prof. Bono. “D’altra parte, attende alla riforma degli Ordini mendicanti e, a riconoscimento dell’importanza dell’Ordine francescano, nel 1569 avvia la costruzione della basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi per custodire le cappelle della Porziuncola, del Transito e del Roseto sacre alla memoria di San Francesco.

“I rapporti fra i due Ordini mendicanti, pur nella grande diversità – l’uno intellettuale, l’altro mistico  e spirituale – sono stati bene individuati ed espressi nel famoso parallelismo istituito dal Sommo Poeta. Nel canto XI del Paradiso, San Tommaso domenicano parla di San Francesco, del suo amore per la povertà che lo fa somigliare a un Serafino; nel canto XII San Bonaventura francescano descrive San Domenico luminoso di intelligenza come un Cherubino: due colonne che sorreggono l’edificio della Chiesa. Alla Chiesa dedicò ogni sua energia anche San Pio V, figlio illustre di San Domenico, i cui meriti sono stati ricordati – curiosa coincidenza – la sera del 4 ottobre, festa di San Francesco patrono d’Italia, alla presentazione di questo volume”.

Quanto a sé, il prof. Bono racconta: “Mi affascina – non so dire da quando – la straordinaria energia, che contraddice l’apparente fragilità, con cui Pio V rinnova tutta la Chiesa, di cui riafferma l’autorità, dando attuazione in un breve scorrere d’anni alla riforma dottrinale, morale e disciplinare del clero, elaborata dall’interminabile Concilio di Trento: riforma (o controriforma), ben conosciuta da tutti i credenti di una certa età, che dura fino al Concilio Vaticano II (1962-65). La lotta contro l’ignoranza riguarda prima di tutto parroci e sacerdoti in cura d’anime, che devono essere educati alle verità della fede per poterle poi trasmettere ai fedeli attraverso la predicazione e la catechesi, associandovi la devozione alla Vergine nei suoi aspetti più spontanei e popolari (la devozione del Rosario, cara ai domenicani).

“Ma ancor più mi affascina la sostanza di fondamentali esperienze paesane, scovate tra le pagine dei biografi-agiografi, fresche in tanta macerazione penitenziale e rigore di scelte religiose. Ancora cardinale, l’Alessandrino suscita meraviglia nella servitù intrecciando, con notevole abilità manuale, fasci di palme per chiudere la sua camera e renderla più intima. Papa, si diletta in autunno della caccia ai tordi, come faceva da ragazzo. Conosce bene la flora e a Roma fa venire il naturalista Michele Mercati a dirigere un giardino ricco di ogni varietà di piante (anche palme e piante esotiche).

Opera di b.scappi cuoco secreto di papa pio quinto divisa in sei libri.  nel primo si contiene ragionamento che fa l'autore con gio. suo discepolo.  nel secondo si tratta di diverse vivande

“Si contenta di poco cibo e bevanda, all’uso contadino. A mezzogiorno, ‘pan bollito con due uova e un mezzo bicchiere di vino’; la sera ‘minestra con legumi, insalata, alcuni crostacei e frutta cotta’; solo due volte la settimana qualche boccone di carne (pur avendo al suo servizio il più grande cuoco del secolo, Bartolomeo Scappi, che ha conservato i menu di sontuosi banchetti rinascimentali). Mangia ‘cicoria amara bollita rifiutando sempre la dolce, l’herbe artemisia, santamaria, salvia, e malva’, né vuole che quel che mangia sia ‘saporito con sale, o altre spetiarie, né saporetti’. Una delle sue principali virtù è la temperanza. A un signore che biasima il caldo romano, come quello che non lo lascia operare, dice che ‘chi poco beve e poco mangia non sente il caldo dell’estate’”.

La rilevanza storica di Pio V può a stento essere racchiusa in poche righe; basta ricordare che è l’iniziatore della Lega Santa, l’alleanza vincitrice della battaglia di Lepanto – “Nel momento decisivo, il Papa s’affaccia alla finestra e ha la visione della vittoria dell’armata cristiana su quella turca”, racconta il prof. Bono, “ordina che siano suonate tutte le campane di Roma per ringraziare la Vergine della vittoria, che diventerà la Madonna del Rosario: da allora i rintocchi dell’Angelus, a mezzogiorno, mandano un saluto memore a Maria” – e al suo nome sarà intitolato il Messale in vigore per più di tre secoli, fino al Concilio Vaticano II.

Eppure si è trattato di un pontificato breve, destinato a durare pochi anni. “Il Papa soffre da tempo di atroci dolori per calcoli alla vescica”, conclude il prof. Bono. “Ha familiare questa espressione: ‘Signore, accresci i dolori, ma aumenta anche la pazienza’, e sospira guardando il Crocifisso. La sera del primo maggio 1572, vestito dell’abito domenicano, muore per la recrudescenza della malattia, e c’è in tutti il sentimento che un santo abbia abbandonato questo mondo. Intorno al suo corpo portato in San Pietro avviene un gran concorso di uomini e donne che lo piangono, lo onorano e gli baciano il piede.

“La santità corrisponde all’idea che di essa si ha in una determinata epoca. Attorno alla figura di un Papa, eroe della cristianità e considerato modello di tutte le virtù, capace di dare sicurezza in un tempo di grandi incertezze e di fare miracoli, si crea un culto particolare. Sarà beatificato da Clemente X con Breve del 27 aprile 1672, un secolo dopo la sua morte, in conformità con le regole della Congregazione dei Riti, e canonizzato, dopo due processi rigorosi, e messo nel numero dei santi della Chiesa universale da Clemente XI il 22 maggio 1712”.

Con questo articolo inizia la serie di approfondimenti con cui Ghislieri.it intende celebrare la figura del suo fondatore nel quattrocentocinquantesimo anniversario della scomparsa e nel mese in cui cade la nascita del Collegio Ghislieri, datata 27 novembre 1567.