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Due Ghisleriani nell’1% degli scienziati più citati – Mario Cazzola e Giampaolo Merlini fra i ricercatori più influenti al mondo

Sono seimilaseicento gli scienziati che costituiscono l’1% dei ricercatori più citati al mondo nel settore, secondo il database della società di analisi Clarivate. Fra costoro, ben due sono Alunni del Collegio Ghislieri, entrambi docenti all’Università di Pavia: il prof. Mario Cazzola, Ordinario di Ematologia, e il prof. Giampaolo Merlini, Ordinario di Biochimica clinica.

Advances in Diagnosis and Management of Myelodysplastic Syndromes | VJHemOnc

Ghisleriano dal 1966, Mario Cazzola è stato allievo di Edoardo Storti, uno dei padri fondatori dell’Ematologia Italiana. La sua ricerca ha preso le mosse da vari aspetti della specialità, per poi focalizzarsi sulla definizione delle basi genetiche delle neoplasie ematologiche e sullo sviluppo di strategie di medicina di precisione. Fra i suoi lavori più rilevanti vanno citati quelli relativi all’identificazione della mutazione somatica di JAK2 nelle neoplasie mieloproliferative, alle mutazioni somatiche dei fattori di splicing dell’RNA nelle sindromi mielodisplastiche e all’identificazione di mutazioni somatiche della calreticulina delle neoplasie mieloproliferative: tutte acquisizioni rapidamente tradotte in nuovi approcci diagnostici e strategie terapeutiche innovative. Dal 2002 al 2011 è stato editor-in-chief della rivista Haematologica; è stato a lungo Direttore della Clinica ematologica del Policlinico San Matteo di Pavia.

L'intervista a Giampaolo Merlini, già Direttore Scientifico del San Matteo  di Pavia - Issuu

Premio Ghislieri 2017 e Ghisleriano dal 1970, Giampaolo Merlini si è dedicato 1977 al 1985 all’attività di ricerca presso diverse Università in Europa e negli Stati Uniti, tra cui l’Università di Lund (Svezia), sotto la guida di Jan Waldenström, e la Columbia University di New York, dove Elliot Osserman lo ha introdotto alla ricerca nel campo delle amiloidosi sistemiche. Nel 1985, declinando un posto da Assistant Professor alla Columbia, è tornato al Policlinico San Matteo di Pavia per organizzare e dirigere il Laboratorio di Immunochimica e Biochimica delle proteine e il Centro per lo studio e la cura delle amiloidosi sistemiche. Nel 1995 è stato nominato Direttore dell’Area tecnologie biomediche e biotecnologie presso i laboratori sperimentali del Policlinico. Dal 2015 è Direttore scientifico dell’IRCCS Policlinico San Matteo.

L’elenco di Clarivate – pubblicato annualmente dal 2001 – comprende ventiquattro premi Nobel. Gli studiosi italiani citati nell’elenco sono centodue (un non insignificante 1,5% del totale), e tre di loro lavorano per l’Ateneo pavese: oltre ai nostri due Alunni, la prof. Giulia Grancini, trentaseienne, Associato di Chimica fisica. Oltre che di enorme soddisfazione per il Collegio Ghislieri, il risultato è molto promettente per l’Università di Pavia: la presenza di ricercatori nel gotha dei più citati costituisce una notevole percentuale del punteggio secondo cui vengono calcolate le graduatorie internazionali degli atenei.

Al mondo gli Stati Uniti continuano a detenere il maggior numero di ricercatori più citati (oltre 2600, cioè il 40% del totale), con Harvard che risulta l’università più presente con ben 214 ricercatori. Più del saldo terzo posto della Gran Bretagna (492 ricercatori), colpiscono il secondo posto della Cina, che sfiora il migliaio, i ben 332 dell’Australia, da rapportare a una popolazione inferiore a metà dell’Italia, e soprattutto i 207 dell’Olanda, che ha solo 17 milioni di abitanti. Notevole anche il balzo in avanti di Hong Kong che, pur con soli 79 ricercatori inclusi nella classifica, fa un balzo in avanti del 30% rispetto allo scorso anno. I nuovi ingressi nella graduatoria provengono da Bangladesh, Kuwait, Mauritius, Marocco e Georgia, a testimonianza di una comunità scientifica sempre più globale e interconnessa, che fa ben sperare per il futuro del mondo.

La convinzione di Clarivate è infatti che talent begets talent, ossia che il talento genera talento: perciò il risultato va letto al di là del riconoscimento personale ma come misura del successo delle comunità accademiche. “La nostra lista individua la piccola parte di popolazione accademica che contribuisce in modo massiccio a estendere le frontiere della conoscenza scientifica in modo tale da rendere il mondo più sano, più ricco, più sostenibile e più sicuro”, spiega David Pendlebury, capo della Research Analysis al Clarivate Institute for Scientific Information. “Una facoltà o un dipartimento di eccellenza è la linfa di ogni istituzione accademica che si rispetti, in quanto supporta i ricercatori tramite la collaborazione e lo scambio, favorisce la crescita professionale e pigia l’acceleratore sull’innovazione per la ricerca”.