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Perché celebrare Napoleone duecento anni dopo – Un ciclo in Ghislieri a partire dal 27 aprile

“Il primo impatto di Napoleone su Pavia fu un po’ traumatico”, racconta a Ghislieri.it la dott. Giulia Delogu, nostra Alunna e ricercatrice in Storia Moderna all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia. “Il 14 maggio 1796 le truppe di Napoleone facevano il loro ingresso in città. L’accoglienza fu, secondo le testimonianze dei contemporanei, non entusiastica. Presto scoppiarono disordini, che si tramutarono in una vera rivolta, estesa anche alle campagne. Napoleone intervenne in prima persona e, data alle fiamme Binasco il 25 maggio, il giorno seguente riconquistò Pavia e la sottopose ad un duro saccheggio. L’Università venne risparmiata dal sacco per volontà dello stesso Napoleone, mentre il Collegio Ghislieri fu salvato grazie alla prontezza del Rettore Paolo Tosi che elargì alle truppe una tangente di 586 lire. Dopo questo iniziò tumultuoso, si inaugurò però a Pavia una intensa stagione di riforme (e polemiche scientifiche e politiche), che vide passare per l’ateneo ticinese e le sale del Ghislieri, tra gli altri, Giovanni Rasori, Lazzaro Spallanzani, Antonio Scarpa, Alessandro Volta, Pietro Moscati, Vincenzo Monti e Ugo Foscolo”, a riprova di una costante del passaggio di Napoleone in ogni dove: non lasciare mai le cose come erano prima.

Proprio il 5 maggio, il nostro Alunno prof. Paolo Mazzarello e Giulia Delogu terranno la conferenza Il “Geometra maestro”. La Pavia di Napoleone, nell’ambito di un ciclo che il Collegio Ghislieri dedicherà a Napoleone nel bicentenario della sua morte. Il ciclo avrà inizio martedì 27 aprile presentando la nuova edizione dei Discorsi letterari e filosofici e altri scritti di Francesco Lomonaco (1722-1810), appena pubblicata da Mimesis a cura del prof. Fabrizio Lomonaco (Università di Napoli “Federico II”). Francesco Lomonaco, lucano d’origine, pronunziò davanti a Napoleone il discorso augurale in occasione della visita dell’Imperatore a Pavia ma, dopo la pubblicazione dei Discorsi, le critiche riguardo agli effetti di Napoleone sull’Italia lo resero vittima della censura e di una conseguente depressione, che lo portò a suicidarsi gettandosi nel Ticino.

Dopo l’incontro del 5 maggio, il ciclo proseguirà con altri tre eventi. L’11 maggio sarà la volta del giornalista Roberto Race, autore del volume Napoleone il comunicatore. Passare alla storia non solo con le armi (Egea, 2012), che dialogherà col prof. Flavio Chiapponi (Università di Pavia). Il 18 maggio la scrittrice Alessandra Necci presenterà Al cuore dell’impero. Napoleone e le sue donne fra sentimento e potere (Marsilio, 2020). Il 25 maggio, infine, il ciclo napoleonico si concluderà con la presentazione di Napoleone deve morire. L’idea di ripetizione storica nella Rivoluzione francese (Salerno Editrice, 2020) dei proff. Francesco Benigno (Scuola Normale Superiore di Pisa) e Daniele Di Bartolomeo (Università di Teramo); dialogheranno con gli autori il prof. Antonio De Francesco (Università Statale di Milano) e la stessa Giulia Delogu.

“Napoleone è stato l’artefice del proprio mito”, spiega quest’ultima. “Già da qui, guardando agli scenari politici contemporanei dove i sistemi democratici sono messi sotto pressione dall’emergere più o meno velato di leader che si presentano come carismatici, si può intuire l’attualità di uno dei primi, se non il primo, ad aver compreso l’importanza di un uso sistematico dei media. Però Napoleone non è stato soltanto un comunicatore ma anche il filtro attraverso cui il fermento ideale dell’Età dei Lumi è stato traghettato verso l’Otto e il Novecento. È stato capace di visioni sistematiche e di ampio orizzonte tanto in campo educativo (oggi di questo resta testimonianza in Italia la Scuola Normale Superiore di Pisa) quanto campo politico (l’Europa come ‘sistema’, certo sotto l’egemonia francese…), economico e legislativo; come ebbe lui stesso a dichiarare, l’opera di cui andava più fiero era il Codice civile. La storiografia di oggi sta gradualmente riscoprendo proprio questa complessità e soprattutto sta indagando l’eredità globale dell’impatto napoleonico, prima vera celebrità globale le cui vicende venivano seguite e le cui iniziative venivano replicate dal Giappone all’America latina passando per l’Europa, il Nord Africa e il Medio Oriente”.

Eppure oggi la figura di Napoleone è al centro di un dibattito etico che, soprattutto in Francia, questiona l’opportunità di celebrare il bicentenario della sua morte. “Ma come sarebbe stato il mondo senza Napoleone?”, si domanda Giulia Delogu. “Con lui la Francia era diventata una nazione moderna, dotata di una funzionale rete amministrativa, una Banca di Francia, un equilibrio fiscale, una legislazione riorganizzata, centri di eccellenza per lo studio e il sistema metrico decimale. Inoltre sarebbe un mondo senza alcuni capolavori che dall’esperienza napoleonica sono stati ispirati e segnati profondamente: Guerra e pace, I miserabili, Il cinque maggio…”.

Un aspetto specifico di Napoleone che interessa Giulia Delogu è l’evoluzione del concetto di virtù in politica, a cui ha dedicato la monografia La poetica della virtù. Comunicazione e rappresentazione del potere in Italia tra Sette e Ottocento (Mimesis, 2018). “Il concetto di virtù è funzionale proprio per capire quello di cui parlavo prima: come Napoleone costruisce il proprio mito e come crea una potente immagine che ne garantisce una vera e propria immortalità ben oltre il 1821. Già prima di Napoleone, la virtù – oggi per noi parola dal sapore un po’ desueto – era al centro delle strategie di comunicazione politica: era una parola-contenitore che serviva a dare un’aura di positiva autorevolezza. Nel corso del Settecento la parola andò ‘politicizzandosi’ sempre di più: essere virtuosi voleva ormai dire agire in modo concreto in terra per il bene dell’umanità. Restava certo un tratto proprio dei sovrani, ma poteva essere praticata anche dai comuni cittadini, distinguendosi nelle scienze, nelle lettere o nel mestiere delle armi. Con il periodo rivoluzionario questo significato andò precisandosi ancora maggiormente: essere virtuosi voleva dire battersi attivamente in difesa dei diritti dell’uomo”.

“I moduli comunicativi raffinati nel Settecento”, continua, “conobbero nuovo uso mettendosi al servizio di Napoleone che si presentò fin da subito con la potente e contraddittoria immagine di guerriero portatore di pace, sublimato nella figura inedita del Marte Pacificatore (pensiamo all’iconica scultura di Canova): come cioè colui che, solo e per primo, può incarnare i molteplici caratteri della virtù. Tali paradigmi certo rispolveravano la tradizione dell’elogio monarchico, ma riuscivano a far propria anche quella repubblicana dell’eroe della libertà, senza dimenticare le suggestioni illuministiche sul philosophe come modello di virtù pacifica non meno utile di quella guerriera. Infine, sarà il ‘Napoleone poetico’ – trait-d’union tra due secoli «l’un contro l’altro armato» – che sarà capace di sopravvivere alla morte e di trovare la sua più alta incarnazione nel Cinque maggio di Manzoni, stupendo e commovente ritratto di un eroe sconfitto ma immortale, perché finalmente depositario anche di quella virtù cristiana che gli era sfuggita quando era al culmine del potere e perché modello politico per le future generazioni”.

Infine, una notazione sul ritorno di Napoleone a Pavia e in Ghislieri, dopo il trambusto del passaggio nel 1796. “Durante il cosiddetto Triennio repubblicano, dal 1796 al 1799, l’ambiente del Ghislieri fu particolarmente vivace tanto che abbiamo testimonianza di un’intensa circolazione non solo di idee ma anche di piatti lanciati per protesta… Il 7 maggio 1805, nell’ormai mutato scenario dell’impero, Napoleone visitò di nuovo Pavia e – come ricostruito dal Rettore Aurelio Bernardi nella sua ad oggi insuperata storia del Collegio pubblicata in occasione dei 400 anni dalla Fondazione – fece tappa anche in Ghislieri, osservando che ‘con il denaro occorrente per i 72 alunni presenti, egli manteneva, nella scuola militare di Fontainbleau, 500 allievi’. Di qui inizia la parentesi del Ghislieri trasformato in scuola militare fino alla Restaurazione”.