Cosa può fare un manager ghisleriano di 63 anni dopo la laurea in Economia a Pavia, il Master in International Public Policy alla Johns Hopkins University, gli importanti incarichi professionali sia in start up di successo che a Mediaset, in Rai e al Sole 24 Ore? Può ovviamente decidere di viaggiare. A piedi. Per tre mesi («voglio perdere i chili di troppo»). In Iran («sono un appassionato viaggiatore e Fellow della Royal Geographical Society»). E, mentre percorre l’altopiano iraniano, prendere taccuino e penna e pensare di scrivere un diario di viaggio da intitolare, con molta coerenza, Un viaggiatore sovrappeso in Iran.
Bernardo Notarangelo non appena tornato a casa si è pesato (ha perso più di sette chili), ha trovato un editore per il manoscritto (Zolfo) e ha raccontato la sua avventura alla giornalista Elisa Messina del Corriere della Sera. Lei lo ha definito «un cronista colto e curioso, un po’ Bridget Jones (per la faccenda del peso e per l’aria da finto ingenuo) e un po’ Bruce Chatwin (per l’approccio culturale e la voglia di conoscere»), lui le ha detto molto di sé e del viaggio, senza trascurare il racconto dell’imbarazzante antefatto che gli è costato l’incarico di presidente a Milano Ristorazione ovvero il caso del bullone nel panino («l’unica cosa che secondo coscienza potevo fare era dimettermi e poi andare in quella scuola a trovare il bambino»). Però, come si dice: si chiude una porta, si apre un portone. E, alle soglie della pensione ecco diventare realtà il desiderio di un lungo viaggio in solitaria alla scoperta dell’antica Persia, là dove il turismo di massa non arriva. Notarangelo, viaggiatore pacifico e rispettoso, ha incontrato studentesse e studenti, baristi, venditori di tappeti, insegnanti, vecchi giocatori di ping-pong, ragazze che cantano «Bella ciao», persone che sembrano personaggi letterari. Ha girovagato senza una meta precisa, lasciando che fossero gli incontri, con luoghi o persone, a dettare le tappe. Prossimi viaggi? chiede la cronista. La risposta è immediata: «Il 2025 sono 110 anni dai “40 giorni del Mussa Dagh”, l’eroica resistenza degli armeni su quella montagna, che venne narrata nell’omonima opera di Franz Werfel. Anche se pochi lo sanno, in quell’area della Turchia c’è ancora un villaggio etnicamente armeno. Mi piacerebbe visitarlo. E poi vorrei tornare in Iraq, costeggiando l’Eufrate, che è molto più bello del Tigri».
Qui l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 9 novembre 2024.