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Franco Tatò (1932-2022)

Quella del “manager filosofo” è stata un’immagine che forse ha in parte appiattito l’identità di Franco Tatò sulla tesi dedicata a Max Weber (relatore Enzo Paci) che aveva discusso a Pavia da Alunno del Collegio Ghislieri. Nato a Lodi, poco dopo la laurea aveva voluto entrare in Olivetti come operaio alla catena di montaggio, di lì scalando le posizioni fino a raggiungere i vertici dell’azienda: dapprima amministratore delegato delle filiali austriache e britanniche della Olivetti, quindi come amministratore delegato della Deutsche Olivetti di Francoforte; a quell’esperienza dedicò due libri: Autunno tedesco (Sperling & Kupfer, 1992) e Diario tedesco (Dalai, 1997).

Dopo ulteriori incarichi di grande responsabilità in Olivetti, dove si dedicò in particolare al rilancio del comparto destinato alla produzione di macchine da ufficio, venne chiamato da Carlo De Benedetti in Mondadori, diventandone in breve tempo vicepresidente e amministratore delegato. Lì tornerà nel 1991, stavolta convocato da Silvio Berlusconi, con l’incarico di riorganizzare la struttura aziendale. Nel 1993 divenne amministratore delegato di Fininvest, passando poi nel 1996 al ruolo di amministratore delegato di Enel, su indicazione dell’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi. A lui si deve la ristrutturazione e lo svecchiamento dell’azienda, negli anni decisivi che hanno segnato la trasformazione digitale del mondo del lavoro.

Simile percorso fece intraprendere all’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, di cui è stato amministratore delegato dal 2003 al 2014, guidando il passaggio dall’editoria cartacea a quella online. Al periodo in Treccani risale un’interessante e approfondita intervista resa a Cristina Casadei del Sole 24 Ore, in cui tratteggiava con schiettezza le caratteristiche salienti del manager ideale in un mondo che cambiava con rapidità. “Il compito del manager”, diceva, “è sempre lo stesso: la rincorsa del progresso e lo sviluppo. Il management è l’arte di soddisfare bisogni potenziali illimitati con risorse limitate”. E ancora: “Ho scoperto tardi la mia vocazione, sono diventato manager a 36 anni. Non a tutti piace. Le qualità principali di un manager sono il carattere, le doti di rigore e concretezza, la capacità di comunicare gli obiettivi, la disciplina, la lealtà. In un manager si trova il senso della responsabilità sociale che ha la gestione dell’impresa e la capacità di mettere l’azienda prima della vita privata. Ma non tutti sono pronti a prendere la responsabilità del lavoro degli altri, a giudicarli, a criticarli, a farli crescere e portarli al successo”.

Da un lato era favorevole all’immissione dei giovani in ruoli di responsabilità (“La presenza dei giovani in posizioni di responsabilità dà la misura della freschezza di una società”), dall’altro riteneva comunque necessaria la pazienza di scalare posizioni all’interno della stessa azienda per poter assumere una prospettiva più complessiva (“Una delle funzioni principali del manager è l’integrazione delle informazioni, e la gavetta consisteva nel percorrere i diversi livelli”). Individuava nella preparazione il fulcro dell’identità professionale: sia nel senso di bagaglio culturale ed esperienziale accumulato negli anni e a cui poter attingere, sia nel senso di prontezza nell’assumere le responsabilità che la carriera via via presenta. Per questo, quando qualcuno polemizzava sui compensi dei manager, gli piaceva raccontare l’aneddoto su Picasso, al quale era stato chiesto quanto tempo gli ci fosse voluto per buttar già uno schizzo dalla valutazione altissima: “Due minuti e una vita”.

Per avere una panoramica della sua visione della società e del progresso, su Radio Radicale si può ascoltare la presentazione del volume Perché la Puglia non è la California (Baldini & Castoldi, 2000), alla Fiera del Levante del 2000, con l’allora Ministro per le riforme istituzionali Antonio Maccanico, il sindaco di Bari Simeone Di Cagno Abbrescia, i  giornalisti Lino Patruno e Marcello Veneziani e l’economista Nicola Rossi. Si possono inoltre rileggere i suoi recenti interventi per il Winner Institute, che si occupa di World Innovation and Economic Research, in cui ha parlato di come affrontare le crisi, di transizione digitale, del futuro dell’editoria; tema a cui già aveva dedicato la conversazione con Giancarlo Bosetti nel volume A scopo di lucro (Donzelli, 1995).

Dei numerosi articoli dedicati dai quotidiani alla memoria del nostro Alunno, segnaliamo quello di Massimo Sideri per il Corriere della Sera, quello di Aldo Fontanarosa per Repubblica e quello redazionale del Sole 24Ore.

Franco Tatò è scomparso a San Giovanni Rotondo (Foggia) il 2 novembre 2022.