
“I ritorni ad autori o correnti del passato sono frequenti nella storia del pensiero filosofico. Io credo però che sia possibile chiarire la natura di questi ritorni solo se ci facciamo guidare da un concetto di attualità più complesso. In generale, secondo me, le pagine più interessanti di queste riscoperte sono state scritte quando non si è preteso di riproporre sic et simpliciter un pensiero del passato, in una ricerca di fedeltà a un’origine o a una lettera, sconfinante subito nella dogmatica e nell’irrigidimento acritico. Il discorso si è fatto interessante quando si è ri-tornati al passato, cioè quando lo si è ri-letto e ri-attualizzato alla luce di nuovi linguaggi e di nuove acquisizioni teoriche, e muovendo dalla constatazione di un’innegabile distanza storica”.
Il prof. Giorgio Fazio (nella foto) è stato invitato a tenere nel weekend del 22 e 23 maggio il corso intensivo Crisi, critica ed emancipazione. La teoria critica della società oggi, per i soli studenti del Collegio Ghislieri. Il corso è stato ideato dall’associazione Philosophicum Ghislieri (PhG) e prende le mosse dalla teoria critica della Scuola di Francoforte, a quasi cent’anni dalla sua fondazione, evidenziando le principali aporie della teoria critica, passando attraverso la rottura operata da Habermas e affrontando alcune delle principali proposte della teoria critica contemporanea, da Axel Honneth a Nancy Fraser e Hartmut Rosa.
“L’idea del corso è nata su mia proposta in seguito alla presa di consapevolezza del fatto che in Dipartimento nessun corso si occupa specificamente di tale tematica”, spiega Luca Richiardi, laureando in filosofia e presidente del PhG. “Essendo un filone piuttosto rappresentato all’estero, in Europa ma anche in Usa, mi è sembrata una buona idea approfondirne la portata teorica soprattutto in un periodo storico come quello attuale, e gli altri associati hanno appoggiato la proposta perché interdisciplinare e concernente temi di attualità politico-sociale. D’altro canto il PhG vive degli interessi disparati dei suoi membri e proprio per questo non si orienta verso un settore specifico: ognuno di noi si occupa di campi di studio diversi e prova a condividere i propri interessi con gli altri organizzando incontri interni su testi di vario genere, cicli di conferenze e convegni aperti al pubblico e corsi di stampo seminariale. Ultima novità, in questi mesi sono iniziati dei circoli di lettura su classici della filosofia. Per ora abbiamo affrontato Heidegger e Nietzsche, mentre a breve sarà la volta di Bergson”.
In quest’ottica si colloca il ritorno d’interesse nei confronti della Scuola di Francoforte, punto di partenza del seminario intensivo di questo fine settimana. “Rispetto alle grandi avventure di pensiero del passato avremmo difficoltà ad applicare un concetto di attualità corrente e forse un po’ corrivo”, spiega il prof. Fazio incontrando Ghislieri.it. “Io credo che oggi siamo testimoni di un’attualità della Scuola di Francoforte in quanto avvertiamo l’esigenza di re-interrogare e di ri-attualizzare una delle pagine più affascinanti della storia della cultura critica del Novecento, non perché ci riconosciamo in tutto quello che hanno sostenuto Horkheimer, Adorno, Marcuse o Benjamin, né perché possiamo affermare che il nostro tempo storico sia identico a quello della Germania degli anni Trenta. Piuttosto direi che siamo pressati da domande e da istanze di analisi e di critica delle nostre società che ci fanno avvertire come esemplare e come fonte di grande ispirazione un certo modo di impostare la ricerca filosofica e sociale della Scuola di Francoforte, un certo modo di indagare criticamente il proprio tempo storico, forzandolo con lo scopo di aprire la possibilità di immaginare alternative radicali a quello che si vive”.
“Paradossalmente ciò che ha conferito attualità alla Scuola di Francoforte negli ultimi anni può essere stata la lunga stagione dell’egemonia culturale, economica e politica del neoliberismo, e le tante crisi e patologie sociali che ne sono discese, così come l’irrazionalità del suo modello di società. Le forme del capitalismo neoliberista sono molto diverse da quelle del ‘capitalismo di Stato’ degli anni Trenta in Germania. Ciò non toglie che il tipo di indagine critica a tutto campo del modello di società che si andava profilando in quel periodo può essere ancora fonte di grandi insegnamenti per noi. Per questo riscopriamo l’attualità di categorie come quelle di reificazione, di alienazione, di omologazione culturale, di unidimensionalità del pensiero e delle forme di vita”.
La Scuola di Francoforte ha, per certi versi, un aspetto in comune con la corrente dell’Illuminismo: entrambe animate da un imperativo sociale, entrambe caratterizzate da una cooperazione fra intellettuali di varia estrazione, entrambe consapevoli di costituire un pensiero organico e collettivo contrapposto alla cultura ufficiale. “A differenza di altre correnti filosofiche del Novecento”, aggiunge Fazio, “gli autori della Scuola di Francoforte, anche quando hanno esercitato una critica radicale nei confronti di ciò che definivano la ‘ragione strumentale’, sono sempre rimasti legati a un’idea di ragione quale criterio ultimo di misura della critica. In questa tradizione di pensiero non ha mai albergato alcun ‘irrazionalismo’ o decisionismo o misticismo. Bisogna però tenere presente che il concetto di ragione che costituiva il parametro di riferimento della critica francofortese era un concetto di ragione volto a ristabilire un nesso fra pensiero e realtà, facendo leva su istanze di razionalità già presenti nella realtà che rivelano (come scrive per esempio Marcuse ne L’uomo a una dimensione) ‘il carattere irrazionale di quest’ordine – poiché razionale è un modo di pensiero e di azione che è volto a ridurre l’ignoranza, la distruzione, la brutalità e l’oppressione’”.
Quanto invece alla presenza di attualizzazioni incoerenti, o magari eretiche, del pensiero della Scuola di Francoforte, il prof. Fazio rimanda al proprio Ritorno a Francoforte. Le avventure della nuova teoria critica (Castelvecchi, 2021). “Lì ho tentato di mostrare che questa tradizione di pensiero ha vissuto diversi scarti e ‘tradimenti’ nel corso della sua evoluzione e del passaggio tra diverse generazioni. Con Habermas, Honneth, Nancy Fraser, e con l’ultima generazione di autori che tentano di riattualizzare oggi la tradizione della Scuola di Francoforte (a esempio Rahel Jaeggi e Hartmut Rosa) ci troviamo di fronte ad autori che certo si sono allontanati in alcuni casi anche molto visibilmente dai percorsi dei primi francofortesi, senza tuttavia però smarrire un nucleo di premesse condivise coi loro precursori. Esistono e sono esistiti quindi molti modi di proseguire e riattualizzare la teoria critica francofortese; si pensi ad esempio a un autore ‘adorniano’ e marxista come Fredric Jameson. Dal mio punto di vista sono comunque tutti tentativi interessanti, specie quelli volti a riattualizzare il primo programma di ricerca della Scuola di Francoforte, varato da Horkheimer”.
Ma se si volesse giocare a ridipingere – a mo’ di Scuola di Atene – un affresco della Scuola di Francoforte, quali firme della filosofia sociale verrebbero ritratte? “Sicuramente gli autori che ho già citato”, risponde Fazio, “facendo alcune specificazioni. Jürgen Habermas, l’esponente di spicco della seconda generazione della teoria critica francofortese, ha tentato di riformulare una critica della ragione strumentale alla luce di un concetto di ragione comunicativa che mancava ai primi francofortesi. Axel Honneth, con il suo paradigma della ‘lotta per il riconoscimento’, ha voluto inizialmente ripensare il tema marxiano della lotta di classe in termini non economistici e distributivi ma morali, come lotta per il riconoscimento di aspettative di giustizia morale disconosciute nei soggetti oppressi dalle strutture di dominio esistenti”.
“Ancora, Hartmut Rosa, il teorico dell’accelerazione sociale, lo assocerei a Marcuse, soprattutto per il suo tentativo di ripensare con il concetto di ‘risonanza’ da lui introdotto l’idea marcusiana dell’eros, quale motore di una critica trasformativa a una civiltà fondata sul culto della prestazione, della competizione e della ragione calcolante e strategica. Rahel Jaeggi sta sviluppando negli ultimi anni un approccio critico che si ispira deliberatamente al negativismo di Adorno, per cui la critica deve muovere immediatamente dalla descrizione dei fenomeni di crisi e di patologia sociale per poi prefigurare le condizioni di una vita buona senza però cadere in una cattiva astrazione utopica. Nancy Fraser sta offrendo oggi, con la sua teoria critica del capitalismo, un ulteriore aggiornamento del primo programma horkheimeriano, recuperando un legame più esigente con Marx e la sua concezione della crisi del capitalismo. Un sociologo come Wolfgang Streeck rimette al centro oggi nella sua critica del capitalismo neoliberista il tema dell’antagonismo che caratterizza le società contemporanee, soprattutto l’antagonismo tra democrazia e capitalismo. Ho citato prima Fredric Jameson ma oggi va molto per la maggiore un autore come il tedesco-coreano Byung-Chul Han, forse un novello Adorno anche lui?”
Infine, alle porte di una due giorni intensiva in compagnia e su impulso di un gruppo di universitari, è forse inevitabile domandarsi cosa possano dire oggi ai ventenni le idee della Scuola di Francoforte, dopo avere costituito una sorta di bussola rivoluzionaria negli anni Sessanta e Settanta. “Sono sinceramente molto affascinato da questa generazione, la generazione di Fridays for Future e di Greta Thunberg”, conclude il prof. Fazio. “Credo che troverebbe molte suggestioni nei testi di Horkheimer e di Adorno che hanno al centro la critica della ragione strumentale e pongono in primo piano il tema della natura, quale dimensione rimossa e violentata da un modello di civiltà capitalistico fondato sulla corsa al profitto e la strumentalizzazione indiscriminata del vivente. Se assumiamo poi un’altra giovane donna come Carola Rackete quale volto rappresentativo di una nuova generazione in lotta per un mondo radicalmente alternativo, credo che anche in questo caso alcuni ventenni potrebbero trovare molti stimoli nelle pagine di Adorno, nella sua critica all’abbrutimento della vita sociale contemporanea, nella sua critica al conformismo e alla superficialità, nella sua difesa della fragilità umana. Anche un tema al centro delle ansie dei giovani, come quello del precariato, potrebbe trovare strumenti per essere articolato nei testi di autori quali Honneth, Jaeggi, Renault, Deranty. Infine, mi viene in mente che le nuove generazioni che prendono parola nello spazio pubblico sono spesso oggi caratterizzate da un’apertura cosmopolitica e transnazionale, sono legati a un’identità europea e meticcia. Credo che questi ventenni proiettati sul mondo potrebbero trovare parecchi stimoli anche nei recenti dibattiti sul futuro di un’Europa sociale, ambientalista e inclusiva che si sono sviluppati in alcuni versanti della teoria critica contemporanea”.
Alla domanda risponde anche Luca Richiardi, a nome del PhG: “Forse estendere la domanda ‘a noi ventenni’ sarebbe esagerato, dato che molti di noi si interessano di tematiche che per altri sono futili. Vale per la teoria critica e per l’attualità. Dal mio punto di vista, credo che riguardo alle problematiche che oggi la nostra società si trova costretta a fronteggiare (diseguaglianze economiche e sociali, crisi climatica, crisi finanziarie, populismi…) si sia ripresa consapevolezza del loro carattere strutturale come contraddizioni del cosiddetto ‘capitalismo’. Nonostante coloro che si richiamano alla tradizione della Scuola di Francoforte riprendano ben poco dei presupposti metodologici ed epistemologici originari, quanto meno adottano un approccio che fa della critica del presente nelle sue forme patologiche la base per un ideale di emancipazione tutto da realizzare. Si rimettono quindi in discussione nozioni quali libertà, giustizia, alienazione, potere, riconoscimento e ideologia; che, riprese tenendo conto dei dibattiti filosofici più recenti, risultano essere ancora strumenti utili per un ripensamento del nostro modo di vivere odierno, verso il quale – mi sembra di poter affermare – l’insoddisfazione è tornata a crescere”.