Ritratti ghisleriani – Domenico Frassi

La storia del Ghislieri non è fatta solo dei grandi nomi degli Alunni divenuti celebri; la sua parte più corposa e significativa, forse, va ricercata nel gran numero di persone la cui vita è cambiata grazie al soggiorno in Collegio, e che col progresso delle proprie conoscenze hanno potuto contribuire, ciascuno nella propria professione, al miglioramento della società che è, sin dalla fondazione, l’obiettivo costante del Ghislieri.

Un caso eclatante a questo riguardo è quello di Domenico Frassi, che i discendenti ricordano ancora oggi come “educatore infaticabile e cultore della libertà”. Nato nel 1891, apparteneva a una famiglia camuna di umili origini, di estrazione contadina; una gens Fraxia è presente nei documenti d’archivio bresciani del XVII secolo, come appartenente alla classe di cittadini comuni. Un’iscrizione sullo stipite di un fienile di Solato, il paese d’origine a una sessantina di chilometri da Brescia, presenta la sigla “F.F.F.F.F. 1764”, che una volenterosa interpretazione traduce in “Fratelli Frassi fecero fare fienile”.

Da Solato i Frassi non si erano praticamente mai mossi, per generazioni e secoli. Il primo a farlo fu Domenico, individuato come intelletto brillante dal parroco che lo teneva a dottrina e che esortò la famiglia a farlo studiare nonostante le difficoltà economiche. Per garantirsi il mantenimento, Frassi entrò in seminario, riuscendo a conseguire il diploma da maestro elementare. Iniziò a insegnare a Chiari per mantenere la famiglia, rimanendo presto orfano di padre. All’epoca i maestri venivano pagati dai municipi, non dallo Stato, e lo stipendio variava in base alle casse comunali; inoltre Frassi ambiva a diventare professore alle superiori, ruolo statale per quale erano però necessarie la maturità classica e la laurea. Lavorando di giorno e studiando di sera, Frassi riuscì a diplomarsi da privatista e, a ventitré anni, poté iscriversi al concorso d’ammissione al Ghislieri, che superò brillantemente immatricolandosi nell’anno accademico 1914-’15.

La buona notizia era che il Ghislieri, oltre a ospitare fra i migliori degli universitari lombardi, gli garantiva un posto completamente gratuito. La cattiva notizia fu tuttavia che a maggio l’Italia entrò in guerra. Nel luglio del 1916, al termine del secondo anno di università, Frassi dovette abbandonare il Collegio perché destinato al V reggimento Alpini. Fu mandato come sottotenente a Ponte di Legno, dove continuò a studiare e ottenne una licenza per tornare a sostenere gli esami. Una volta a Pavia, trovò il Ghislieri trasformato in ospedale militare. Né l’ottimo profitto negli studi gli valse un po’ di pace: subito venne accorpato al battaglione Aosta del IV reggimento Alpini, col quale combatté la battaglia di Vittorio Veneto.

Avrebbe dovuto venire insignito della medaglia d’oro al valor militare – come il resto del battaglione – ma, racconta suo figlio Paolo, “scoprirono che frequentava il Circolo Filologico di Milano, cui fu iscritto per tutta la vita. Il Circolo era considerato di sinistra, invece papà era un democratico, un liberale cavouriano, un idealista crociano. La frequentazione di un circolo ‘di sinistra’ fu ritenuta motivazione sufficiente a renderlo indegno della medaglia d’oro”. Frassi ricevette dunque la medaglia d’argento al valor militare, che portò comunque sempre con orgoglio. Dalla Grande Guerra rientrò solo nel 1918, e ferito. “Essendosi portato il dorso delle mani sul viso per proteggere gli occhi dallo scoppio di una granata”, continua il figlio, “si ritrovò i palmi pieni di schegge, che riaffiorarono, di tanto in tanto, per tutta la vita”.

Il valore di Frassi fu subito riconosciuto dal Collegio e in particolare dall’allora Rettore Pietro Ciapessoni, illustre giurista che si prodigò per garantirgli dei finanziamenti trovandolo “assolutamente sprovvisto di mezzi proprii” e trovando in lui “un ammirevole esempio di fermo carattere e di volontà tenace”. In una lettera del 1919 Ciapessoni ricapitola i fatti salienti della tormentata vita di Frassi: “Compiuti privatamente gli studi magistrali e conseguito il diploma di maestro elementare, con il magro stipendio di insegnante nelle scuole comunali provvide a sé e alla famiglia sua, composta dal padre, ricoverato al comunale di Brescia, della madre, inabile al lavoro perché inferma, e d’una sorella contadina. Nel luglio 1914 conseguì la licenza liceale, dopo aver fatti privatamente gli studi secondari: ammesso al concorso per i posti di alunno vacanti per l’anno accademico 1914-’15, riuscì classificato al quarto posto nella graduatoria; avrebbe potuto ormai conseguire la laurea nel luglio 1918, ma dovette interrompere gli studi nel luglio 1916, perché chiamato alle armi. Ha sostenuto finora undici esami, conseguendo sempre la votazione di punti 30, di cui sei con lode”.  

Suo compagno di università fu Giacomo Devoto, che successivamente divenne docente di Glottologia all’Università di Firenze, presidente dell’Accademia della Crusca nonché coautore, con Gian Carlo Oli, del vocabolario che porta i loro nomi. Devoto lo ricorda così nella propria autobiografia, Gioco di forze: “Era un maestro elementare che era riuscito a prendere la licenza liceale, a entrare all’università nel Collegio Ghislieri. Il suo corpo massiccio, non alto, corrispondeva alla sua ferrea volontà e a una evangelica modestia. Sapeva di avere realizzato qualche cosa di straordinario, ma non se ne vantava, neanche ne parlava. Non nascondeva la sua formazione zelante, in fatto di filosofia, anche se da tanti testi difficili non era poi portato a creare. Irradiava simpatia fra i compagni, così come fra i soldati, fra i quali lo ritrovai sul campo della battaglia della Bainsizza come ufficiale della 151° compagnia alpina. Fui testimone alle sue nozze”. Quanto alla politica, Devoto ricorda che Frassi “nel 1920 fu solidale con la politica del partito socialista, che io approvavo solo sul piano internazionale, ma che condannavo sul piano interno per le ragioni valide ancora oggi, del suo disordine e del suo massimalismo velleitario. Nel 1945 e negli anni successivi invece rimase fedele al socialismo dal volto umano, restio a riconoscere le conseguenze dell’apporto che alla vittoria della democrazia in Italia avevano dato le masse sotto la guida dei comunisti”.

Frassi riuscì a laurearsi in Filosofia e a conseguire l’abilitazione all’insegnamento superiore, vocazione cui dedicò tutta la propria vita. Insegnò a Padova, a Venezia, a Busto Arsizio dove venne accerchiato da una squadraccia fascista cui era stato segnalato come insegnante non allineato al regime. Molti suoi allievi, già avviati alla carriera industriale, si appassionarono alle sue lezioni al punto da iscriversi alle facoltà umanistiche. Anche sua moglie Ada era maestra elementare (fra i suoi allievi più vivaci e celebri ebbe Pepìn Meazza, al quale è intitolato oggi lo stadio di San Siro); guardava di buon occhio che il marito, al pomeriggio, continuasse il proprio lavoro dando lezioni private e spesso non chiedendo denaro in cambio.

Nel 1929 Frassi divenne professore di Storia e Filosofia al Liceo “Manzoni” di Milano. Molti suoi allievi entrarono poi nelle file della Resistenza; egli stesso diede un contributo attivo, con numerosi viaggi a Parigi al fine di tenere i contatti con Giustizia e Libertà. Membro del Partito d’Azione, divenne componente del CLN afferente alla scuola milanese. Nell’immediato dopoguerra l’Amgot (ossia gli americani dell’Allied Military Government for Occupied Territories) ne richiese l’aiuto per una riforma che dotasse la scuola italiana di un maggior numero di licei scientifici. Ormai preside, Frassi intensificò gli impegni dirigenziali in provveditorato. Anche al suo lavoro si deve la realizzazione, fra il 1954 e il 1956, del “Leonardo da Vinci”, il secondo liceo scientifico di Milano; Frassi, per l’occasione, si occupò della raccolta fondi, ottenendo numerose donazioni tanto da suoi ex allievi quanto da giganti dell’industria quali Edison e Montecatini.

“Purtroppo”, racconta il figlio Paolo, “lo stress di realizzare in tempi brevi un progetto ambizioso come la costruzione del ‘Leonardo’, unito all’onere che comportava dirigere il liceo ‘Zucchi’, furono fatali al suo cuore già provato. La mamma l’aveva pregato di rallentare, di scegliere fra il provveditorato e la presidenza, ma papà non volle sentir ragioni. La passione per l’insegnamento e il senso del dovere verso l’impegno che si era assunto gli impedirono di rinunciare a uno degli incarichi e, nel 1955, un anno prima che il ‘Leonardo’ fosse finito, e subito dopo aver ricevuto la nomina per la presidenza del liceo ‘Carducci’ di Milano, morì d’infarto”.

L’eredità intellettuale e umana di Domenico Frassi è rimasta viva; a cominciare dai figli, Paolo e Beppe, ai quali chiedeva periodicamente: “Allora, chi di voi due farà il Ghislieri?”. Hanno seguito le sue ombre di Alunno entrambi: il primo intraprendendo la carriera giuridica (attingendo anche a una fugace fama televisiva, come notaio del “Lascia o raddoppia?” di Mike Bongiorno) e addirittura scegliendo la cappella del Collegio per il proprio matrimonio; Beppe laureandosi in medicina, specializzandosi in ortopedia e infine diventando un valente chirurgo, fra i pionieri degli interventi sulla spina dorsale. La figlia Maria Antonietta non poté frequentare il Collegio, all’epoca solo maschile; tuttavia al Ghislieri serbò la stessa gratitudine dell’intera famiglia, e alla Biblioteca del Collegio volle che fossero donati tutti i libri del padre.

“Nella storia della nostra famiglia ci sono state due istituzioni che hanno condizionato in via definitiva le sorti della gens Fraxia”, conclude Paolo: “il seminario e il Ghislieri”. La fede nella cultura come fattore di miglioramento delle vite individuali e della società è rimasta un caposaldo della famiglia di Domenico Frassi. Alla memoria della sua nipote Paola – diventata a 37 anni Professore ordinario di Diritto industriale presso l’Università Statale di Milano e prematuramente scomparsa nel 2009 per un male incurabile – è intitolata la Fondazione Paola Frassi, che si prodiga nel favorire la ricerca clinico-scientifica nell’ambito della prevenzione, nel garantire assistenza ai malati, nel migliorare la qualità della vita di bambini che versano in condizioni disagiate e nell’erogare borse di studio a studenti universitari meritevoli.

Le notizie su Domenico Frassi sono tratte dal volume di Sonia Maria Mazzoni, La Gens Fraxia. Storia di una famiglia camuna, pubblicato dalla Fondazione Paola Frassi nel 2005. Un ritratto di Frassi è presente nel volume L’esperienza che mi cambiò forse più di ogni altra, catalogo della mostra curata da Giulia Delogu e Matteo Cazzato e dedicata ai personaggi più rilevanti dei 450 anni della storia del Collegio Ghislieri; parte del suo espitolario con Pietro Ciapessoni, custodito presso l’archivio della Biblioteca del Collegio, è consultabile in Da matricola a perfetto soldatino, catalogo della mostra curata da Giulia Delogu sulle testimonianze degli alunni del Ghislieri dal fronte durante la Prima Guerra Mondiale. L’autobiografia di Giacomo Devoto, Gioco di forze, è stata pubblicata da Neri Pozza nel 1971.