“CARLO GOLDONI / Veneziano / fu qui scolaro / per lo studio delle leggi / negli anni 1723-1725 / dopo più di due secoli / i ghisleriani / vollero qui ricordato / il nome glorioso / dell’antico alunno / principe / della commedia italiana”. Recita così la lapide che l’Associazione Alunni volle far apporre nel Quadriportico del Collegio, e che magari oggi sfugge a chi ci passa frettolosamente davanti per entrare in Rettorato. Era l’8 maggio del 1949 e, per la quinta volta, i Ghisleriani si riunivano per quella che sarebbe diventata la festa di San Pio, appuntamento ormai immancabile da decenni.
Lo svelamento della lapide fu l’evento clou di quello che all’epoca era ancora noto come “Convegno degli ex-Alunni”. Oggi, all’alba dell’anno che segna i tre secoli dall’ingresso di un giovanissimo Goldoni in Ghislieri, il ricordo non può che partire dalla testimonianza tangibile che i suoi stessi compagni di Collegio, quelli che nei secoli successivi hanno abitato le stesse stanze e percorso gli stessi corridoi. Ma perché un omaggio tanto tardivo? All’atto della cerimonia sono trascorsi duecentoventiquattro anni dal momento in cui Goldoni, come da storia che lui stesso rese celebre nei Mémoires, era stato espulso dal Collegio per motivi disciplinari, che avevano a che fare più con l’ostilità della buona borghesia pavese che con le norme interne del Ghislieri.
Nell’Annuario 1952 è l’allora Rettore Aurelio Bernardi – investito all’inizio del dopoguerra della carica che ricoprirà fino alla fine degli anni Settanta – a illustrare che il progetto commemorativo ha in realtà radici ben più profonde: “Nel 1877 alcuni Alunni chiesero all’Amministrazione del tempo il permesso di murare a loro spese una lapide nel porticato del Collegio in ricordo di Carlo Goldoni, allo scopo, dicevano, di ‘onorare uno dei più grandi italiani e nello stesso tempo di dar maggior lustro all’Istituto’. La richiesta fu respinta, trattandosi di una ‘novità’ che non si voleva ammettere”.
“In realtà lapidi in onore di antichi alunni non mancavano in Collegio”, spiega Bernardi, “e numerosi anche i ritratti che ancora ne adornano molte sale, e tra essi quello di un Luca Pertusati che, espulso ob contemptas constitutiones nella prima metà del Seicento, divenne poi Presidente del Senato milanese del tempo. Il nuovo della cosa dovrebbe così cercarsi nell’iniziativa partita da Alunni: ma in tal caso il Consiglio avrebbe potuto farla sua. E invece si volle ancora continuato al Goldoni l’ostracismo che lo colpì in vita, nel terzo anno di alunnato, quando per una satira malcauta e invereconda egli fu messo al bando del Collegio”.
Questa satira, come si sa, costituisce uno dei più grandi misteri della letteratura italiana (e, nel suo piccolo, del Collegio stesso): si tratta de Il Colosso, un poemetto che combina in una sorta di Frankenstein erotico le grazie delle signore pavesi più in vista dell’epoca. Oltre a pentirsene amaramente, Goldoni stesso fece in modo che il testo sparisse come per incanto, anche se nulla esclude che almeno una copia possa esserne stata fatta dai suoi compagni ghisleriani.
“La storia”, continua Bernardi, “nel suo giudizio pacato e distante, compatisce nei grandi le debolezze che sono riscattate dai meriti. Due secoli quasi passati e il merito di aver dato all’Italia la commedia non furono forse sufficienti, agli occhi dei severi amministratori, a far compatire del tutto, nel Goldoni, lo sciagurato episodio d’intemperanza giovanile. Eppure tale episodio, collocato nel suo tempo e valutato in relazione all’ambiente collegiale in cui ebbe luogo, rivela che il Goldoni, oltre che un colpevole da punire, avrebbe forse dovuto essere anche una vittima da compiangere”.
Ed è proprio sotto questa luce che Bernardi colloca la decisione, da parte del Ghislieri, di assecondare la richiesta dei suoi Alunni una volta superati sia il periodo umbertino, con le sue turbolente proposte di riforma, sia gli ancor più turbolenti primi decenni del Novecento. Con lo svelamento della lapide il Ghislieri non onora solo il nome dell’antico Alunno né la doverosa proposta dei nuovi, ma ripiana un debito pendente da secoli.
“Pavia onorò a suo tempo il grande commediografo dedicandogli una strada”, conclude Bernardi, tralasciando di notare che via Carlo Goldoni è proprio quella che dal palazzo centrale dell’Università conduce al Ghislieri. “Uno studioso auspicò in passato (ma il voto non è ancora stato esaudito) che anche l’Università gli dedicasse una lapide, accanto a quella del Lauzio, che gli fu maestro di diritto, tanto premuroso quanto inascoltato, e nella cui provvedutissima biblioteca privata egli apprese il teatro comico antico e moderno. È da credere che sarebbe stata ormai una mancanza il non ricordare, anche nel Collegio che lo ebbe Alunno, il nome del grande veneziano”.
Nel riferire quindi della cerimonia inaugurale della lapide nel 1949, svelata dall’allora Ministro delle Finanze, il nostro Alunno Ezio Vanoni, Bernardi decide di dare al proprio resoconto il titolo più semplice e significativo: “Carlo Goldoni riammesso nel Ghislieri”.