
“C’era e c’è ancora a Pavia un Collegio, fondato da papa Pio V, che largisce provvida ospitalità a studenti di valoroso ingegno e di modeste fortune; ma con che ordini si reggesse è facile imaginare, quando si sappia che restava ancora a un dipresso quale l’avevan lasciato il Papa, gli Spagnoli e gli Austriaci; un isolotto di autocrazia, in mezzo a una inondazione di libertà. Un bel dì i collegiali, il nostro Zendrini alla testa, di quei malcapitati ordini non ne vollero saper altro; fecero, come il romanzo del Manzoni, un bel rumore; tanto bello, da tirarsi addosso certi draconiani rescritti, i quali a’ più rei chiudevano le sacrosante pontificie porte per sempre. O che credete che lo Zendrini piegasse? Dopo avere fatta la rivoluzione, ne dettò, che è più pericoloso, l’apologia; improvvisò e stampò addirittura un libro, dove c’era di tutto un poco: prosa, versi, erudizione, ispirazione, indegnazione, veemenza, tutto il superbo e disordinato arsenale dei vent’anni”.
Così scrive Tullo Massarani in apertura del primo volume delle Opere complete di Bernardino Zendrini (1839-1879), il nostro Alunno letterato e accademico, celebre per una velenosa polemica con Giosue Carducci che criticò aspramente la sua traduzione di Heinrich Heine: “Le canzonentte, assettatuzze e matte, / ed isgrammaticate / borghesemente, fan cagliare il latte / e tremar le giuncate”. Nel paragrafo dedicato al Ghislieri, Massarani tratteggia bene il coacervo di sentimenti intensi che caratterizza l’intera e breve vita di Zendrini; personaggio difficile a maneggiarsi nell’Italia umbertina, come comprova la dedica che il curatore appone all’inizio della raccolta dei suoi testi, pubblicato due anni dopo la morte dell’autore per vaiolo. Alla vedova Zendrini, l’evangelica zurighese Bettina Kitt che il nostro Alunno aveva sposato appena un anno prima, Massarani rammenta: “Quand’ella mi partecipò il suo proposito di raccogliere in una edizione postuma le opere del nostro Zendrini, io non mi contentai di lodare il pietoso pensiero, ma aggiunsi una preghiera e una promessa”. Se la promessa è quella di stendere un breve studio biografico, la prima richiesta è molto più indicativa: “La pregai, egregia signora, di toglier via dal postumo florilegio certi pochi ramoscelli spinosi, di cui s’è tratti a farsi arme nelle guerricciole letterarie, ma che non darebbero ombre geniali a una tomba”.
Dell’Apologia di Zendrini, pubblicata a Pavia nel 1860, le biblioteche italiane custodiscono solo cinque copie – una, singolarmente, a Castellammare di Stabia. Non è la sua prima pubblicazione, racconta la voce del Dizionario biografico degli Italiani Treccani, stesa dal nostro Alunno Massimo Castellozzi: “Del 1856 è la sua prima pubblicazione, una Grammatica tedesca con versioni, della quale dispose tuttavia l’immediato ritiro temendo che gli procurasse la nomea di austriacante”.
Figlio di un membro camuno della Carboneria che prese parte ai moti piemontesi, finendo per tre anni in galera, Zendrini nacque a Bergamo ma fu presto mandato a studiare in Svizzera al Collegio Commerciale di Männendorf quindi alla scuola Cantonale di Zurigo. Di lì a poco, il ritorno a Bergamo e il passaggio all’Università di Pavia, come Alunno del Collegio Ghislieri; non però come iscritto a Lettere bensì a Giurisprudenza. Sono anni di grande fervore intellettuale. Dal 1858 al 1861 pubblica un saggio critico dedicato alla memoria di Schiller (Due parole intorno il dramma di Luigi Giuseppe Vallardi ‘La contessa di Cellant’), i canti Napoleone I o Il voto a Sant’Elena e Celebrandosi esequie solenni ai caduti per la causa d’Italia, l’elegia funebre di Ippolito Nievo intitolata Poeta soldato e naufrago.
Furono però anche anni di tormento, come testimonia l’episodio della rivolta ghisleriana. “Nel 1860 Zendrini oppose le sue rimostranze all’abate Rettore del Ghislieri”, racconta Castellozzi, “che malgrado l’annessione della Lombardia al Piemonte continuava a essere regolato secondo lo statuto preunitario; ne fu espulso. Scrisse allora la sua Apologia, un opuscolo di oltre cento pagine in cui esibiva la propria erudizione letteraria, dagli antichi ai romantici, e la sua fede patriottica e liberale. Terenzio Mamiani, allora Ministro della pubblica istruzione, dispose pertanto la sua riammissione in Collegio, provvedendo anzi a riformarne l’ordinamento”.
Zendrini fu dunque protagonista diretto della modernizzazione del Ghislieri; per così dire, dei primi passi della sua italianizzazione. Non a caso infatti gli studenti dell’ateneo pavese lo incaricarono di pronunciare un discorso commemorativo alla morte di Cavour, giunta nel giugno del 1861, pochissimi mesi dopo l’unificazione; Carducci stesso, prima di accanirsi sulla sua germanofilia, giudicò le parole di Zendrini “improntate di caldo affetto e procedenti da bello ingegno e di buoni studi nutrito”.
L’impeto di Zendrini emerge perfino dalla tesi di laurea, dal drastico titolo Religione e Stato, in cui propugnava un’ancor più drastica riforma del clero italiano, con idee che egli stesso riteneva “democratiche e mezzo rivoluzionarie”. Era però in letteratura che il nostro Alunno era destinato alla fama, grazie a quello che definì il suo “amico geniale”. Spiega Castellozzi: “Nel luglio del 1868 Zendrini si recò in Germania per incontrare il letterato italianista e futuro premio Nobel Paul Heyse, ‘l’amico geniale, il fratello, il poeta che amo e venero’, con il quale aveva avviato una corrispondenza che sarebbe durata fino alla morte. Heyse contribuì significativamente al successo della traduzione heiniana e alla fama poetica di Zendrini in Germania, affidando a sette poesie dell’amico la chiusura della sua Antologia dei moderni poeti italiani (Stoccarda, 1869)”. Solo due anni dopo i versi videro la pubblicazione in volume entro i patri confini, con la silloge Prime poesie.
Ed è proprio l’influsso della cultura tedesca a portare Carducci all’ostilità verso Zendrini. “Rivolgendosi a Zendrini nell’epodo A un heiniano d’Italia, apparso su ‘Il Mare’ del 7 luglio 1872”, aggiunge Castellozzi, “Carducci tacciava la sua traduzione da Heine di ‘trascurataggine’ e ‘slombataggine’. Zendrini rispose con il lungo saggio Enrico Heine e i suoi interpreti, uscito sulla ‘Nuova Antologia’ tra il dicembre 1874 e il febbraio 1875, nel quale non solo accusava Carducci di aver ridotto il poeta di Düsseldorf a un ‘Giove fulminatore’ e di averne abbracciato esclusivamente il presunto anticlericalismo, ma censurava anche le Nuove poesie (1873), prive, secondo lui, di quella naturalezza espressiva di cui modernamente erano depositari soltanto Alessandro Manzoni e Giusti. La replica giunse in una noticina alla seconda edizione del testo, in cui Carducci riaffermava il carattere oleografico della poesia di Zendrini, e in Critica e arte, ove gli rimproverava di scambiare il mito romantico di una tanto ricercata lingua ‘popolare’ per ‘il cicaleccio dei salottini e la linguetta delle donne borghesi’”.
Nel frattempo, la carriera di Zendrini procede: da supplente di liceo a Bergamo a titolare in quello di Como e di Ferrara, poi la cattedra di Letteratura tedesca all’Università di Padova, infine quella di Letteratura italiana a Palermo, dove muore di vaiolo il 7 agosto 1879, a soli quarant’anni. A suggello dei propri versi lascia scritto un breve capoverso di commento in cui c’è tutto Zendrini concentrato, la sua rabbia e la sua sensibilità: “Alle poche anime romite, che hanno consolato del loro sorriso l’afflitta mia giovinezza, è dovuto questo libro; e ad esse io lo intitolerei se la loro verecondia mi permettesse di nominarle. Nominarle? E a che pro? Meriterebbero onorata menzione in una storia documentata delle anime umane, quando, tolta ogni vernice farisaica e rimossa ogni menzogna, una così fatta storia potesse scriversi; ma, ahimè, noi non abbiamo che storie universali. Nominarle? Il picciolo rumore, che leva un nome, non è certo la gradita armonia che le appaghi. Le grandi e gentili anime bastano a sé medesime: liete del proprio splendore, come le stelle; beate del loro profumo, come i fiori. Le stelle risplendono, ignare e non curanti de’ bizzarri nomi che loro impone l’astronomo; i fiori olezzano, venga o non venga il botanico a classificarli”.
Al proprio Alunno il Collegio Ghislieri dedica il convegno Bernardino Zendrini, liberale, letterato e germanista nell’Italia unita, organizzato per mercoledì 26 ottobre 2022 in collaborazione con l’Università di Pavia, l’Università IULM di Milano, l’Università degli Studi di Bergamo e l’Associazione degli Italianisti. Le notizie biografiche contenute in questo articolo sono tratte dalla voce “Zendrini, Bernardino” sul Dizionario Biografico degli Italiani (Treccani), stesa da Massimo Castellozzi. Le citazioni provengono invece dalle sue Opere complete (Milano, Giuseppe Ottino editore, 1881); rispettivamente Volume I: Prose. Precedute da uno studio di Tullo Massarani e Poesie. Volume unico. Precedenti puntate dei Ritratti ghisleriani sono state dedicate a Ezio Vanoni, Domenico Frassi, Luigi Credaro, Ferruccio Ghinaglia, Cesare Correnti, Enrico Misley, Alfredo Corti, Ferdinando e Giuseppe Zanardelli.