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Il Papa che fondò il Ghislieri – Cosa resta di Pio V nei secoli

Morto nel 1572, Pio V non fu un “santo subito, come recenti fenomeni di costume religioso hanno rappresentato a proposito della morte di Giovanni Paolo II (2005) e, prima ancora, ma ormai in secondo piano, di Giovanni XXIII (1963)”. Lo spiega il nostro Alunno Fabio Gasti, Professore ordinario di Lingua e letteratura latina all’Università di Pavia, nel proprio contributo al convegno San Pio V nella storia, tenuto in Ghislieri nel 2012, a trecento anni dalla canonizzazione del Papa fondatore del nostro Collegio.

Fra le ragioni del ritardo della canonizzazione, illustra il prof. Gasti, indubbiamente si colloca “la sua fama di inquisitore inflessibile e di convinto moralizzatore del costume civile ed ecclesiastico”, al punto che non mancarono, alla sua morte, scritti che si dilungarono sulla “descrizione del sollievo dei romani alla notizia della scomparsa del Papa” e che presentano “come del tutto formale la manifestazione del cordoglio da parte del popolo”. Eppure, l’eccezionalità di Pio V nella storia della Chiesa resta testimoniata dal fatto che la sua canonizzazione, avvenuta nel 1712, sia stata “l’unica dell’età moderna che interessi la figura di un sommo pontefice, dopo Celestino V (1313) e prima di Pio X (1954)”.

Nel corso del proprio intervento, ancor oggi consultabile negli atti del convegno, il prof. Gasti racconta la costruzione dell’immagine postuma di Pio V attraverso le diverse biografie che gli sono state dedicate nell’età moderna, a cominciare da quella di Girolamo Catena, pubblicata nel 1586 dopo quattordici anni di lavoro e, pertanto, iniziata proprio nei giorni della morte del Pontefice: “La ricostruzione storica di Catena è l’opera di un letterato di corte, che si occupa di autori antichi e moderni, di lingua e di teoria della traduzione” ed è stesa “con estrema maestria retorica, volutamente molto vicina alla densità della pagina di Tito Livio, lo storico latino cui evidentemente guarda come modello di scrittura. Dal punto di vista metodologico, il lavoro è sorretto dall’istanza – di fatto restata teorica – di prestare attenzione al dettaglio delle fonti per ristabilire la verità storica e di evitare di conseguenza l’approssimazione della storiografia contemporanea”. In ciò il Catena è aiutato dall’essere vicino alla stessa famiglia Ghislieri, che gli garantisce l’utilizzo di documenti di prima mano e la pubblicazione parziale della corrispondenza di Pio V con alcune teste coronate.

Originariamente intitolata Vita del gloriosissimo papa Pio quinto, la biografia del Catena viene ripubblicata proprio nell’anno della canonizzazione (con un titolo chilometrico, secondo la miglior tradizione settecentesca, le cui prime righe suonano Vita del glorioso pontefice Pio quinto santificato da N. S. Papa Clemente XI scritta già originalmente da Girolamo Catena). Segno che “la circostanza evidentemente sconfina al di fuori dell’ambito religioso, anzitutto perché è il papato stesso a porsi storicamente come una potenza non esclusivamente spirituale, e poi perché elevare un pontefice agli altari rappresenta per la pubblicistica pontificia un’occasione per diffondere una determinata immagine e per conferire valore eterno e paradigmatico a eventi storicamente individuabili e magari marginali”.

Il 1712 è tuttavia l’anno di altre due biografie, la Vita di S. Pio quinto di Paolo Alessandro Maffei e la Vita S. Pii V Summi Pontificis di Tommaso Maria Minorelli. L’opera del Maffei è un’ampia trattazione imperniata su “un giudizio su Pio V largamente debitore alla topica agiografica pienamente recepita e sancita dalla bolla di Clemente XI”, che di fianco all’eccellente azione politica ed ecclesiastica del canonizzato ne sottolinea “la costante umiltà di atteggiamento, prima e dopo l’elezione a papa”, una humilitas che in sostanza “costituisce un luogo comune dell’agiografia di tutti i tempi”.

L’opera del Minorelli, al contrario, è un sintetico opuscolo che non raggiunge le cento pagine ma soprattutto “un’esposizione ‘di servizio’, per così dire l’espressione della voce ufficiale” dei domenicani, ordine a cui appartenevano sia l’autore sia Pio V. Se dunque qui “l’interpretazione dei fatti della vita di Pio V è dunque sostanzialmente iperbolica, basata su una valutazione estensiva di virtutes e meriti del nuovo santo, riconsiderati appunto alla luce della sanzione di eroicità da parte della Chiesa”, dal testo traspare netta “l’idea non nuova che la santità di Pio V è frutto di una percezione generale, cioè è in assoluto autoevidente e non ha bisogno di particolari ed estrinseche testimonianze che non consistano nell’esame spassionato degli eventi della sua vita”.

Che al Ghislieri – e, in generale, alla comunità ghisleriana – spetti la celebrazione di Pio V “non come figura religiosa ma come grande figura storica”, è stato chiaramente stabilito nell’introduzione allo stesso convegno dal compianto Carlo Bernasconi, il nostro Alunno celebre ematologo e all’epoca Presidente del Consiglio di Amministrazione del Collegio. “È fuori di dubbio”, diceva nella circostanza il prof. Bernasconi, “che gli interventi di Papa Ghislieri nel condizionare gli avvenimenti del suo tempo sono stati molteplici: dalla lotta contro gli infedeli e gli eretici all’attuazione della riforma tridentina, dalla vittoria di Lepanto contro i turchi agli interventi nella politica europea, dall’attuazione di riforme sociali alla particolare attenzione per la formazione giovanile”.

Nel suo breve intervento, il prof. Bernasconi sottolineava quali aspetti della personalità e dell’ideologia di Pio V, di là dal fervore religioso, fossero rimasti ancora oggi a costituire la specificità del Ghislieri, rendendolo diverso da qualsiasi altro collegio pavese e italiano.

Anzitutto, “nel fondare il suo Collegio, per giovani meritevoli e di non agiate condizioni economiche, papa Pio V ha provveduto a fornirlo di una dote, trasferendo al Collegio la proprietà del feudo di Lardirago dalla mensa dell’Abbazia di San Pietro in Ciel d’Oro, resasi vacante per la morte dell’Abate Commendatario. Ancor oggi questi terreni fanno parte del patrimonio del Collegio e forniscono alla nostra istituzione una parte cospicua delle rendite private. Questa autonomia economica è stata certamente un fattore che ha consentito la sopravvivenza del Collegio durante la dominazione spagnola e il governo della Casa d’Austria, sino all’unità d’Italia”.

Va notato, tuttavia, che l’autonomia economica non è di per sé una peculiarità esclusiva del Ghislieri: nella sola Pavia altri due collegi erano in prima istanza stati dotati da altri donatori di beni sufficienti a mantenersi. Uno dei due, però, ha cessato di funzionare per progressivo depauperamento all’inizio dell’Ottocento; l’altro, tuttora funzionante, ha usufruito e usufruisce tuttora del patronato della facoltosa famiglia del fondatore. Il Ghislieri, invece, si è svincolato dalla famiglia del fondatore sin dalla metà del Settecento.

Più ancora dell’autonomia economica, continuava il prof. Bernasconi, “fattore principale della continuità del Ghislieri [è] l’idea originaria espressa da Pio V alla fondazione del suo Collegio: dare la possibilità a giovani inclini agli studi, anche se di umili origini, di acquisire una formazione culturale e morale adeguata alla preparazione di una efficiente classe dirigente al servizio della società”. Quest’ideale si trova perfettamente sintetizzato nel motto che Pio V scelse per il Collegio che porta il nome del suo casato: Sapientia, cum probitate morum coniuncta, humanae mentis perfectio.

Sapientia intesa come cultura”, spiegava allora il prof. Bernasconi, “cioè non solo complesso di conoscenze nei vari campi del sapere, ma anche atteggiamenti mentali e sociali”; una cultura “intesa non come fine a sé stessa, come esclusiva dote privata di chi la possiede”, bensì “percepita come responsabilità sociale e ben utilizzata per il progresso della società umana”. In ciò consiste oggi la “probità di costumi” auspicata da Pio V; un valore che, in termini contemporanei, il prof. Bernasconi declinava come “serietà”.

A riprova recava due esempi fra i numerosi Alunni che si sono distinti per il servizio allo Stato: Giuseppe Zanardelli, autore della riforma del codice penale e abolitore della pena di morte, ed Ezio Vanoni, autore di una radicale ed equa riforma del sistema tributario. “Entrambi questi Ghisleriani sono stati guidati nello svolgimento dei loro incarichi di governo sicuramente da una profonda cultura politica, ma anche da un saldo impegno morale. È evidente che l’insegnamento di San Pio ha lasciato in loro, come in altri anche in tempi recenti, un’impronta duratura”.

I contenuti di questo testo sono tratti dagli atti di San Pio V nella storia. Convegno in occasione del terzo centenario di canonizzazione di Papa Pio V Ghislieri (Ibis, 2012). Pubblicati a cura di Carlo Bernasconi nella collana Studia Ghisleriana, contengono interventi di Giovanni Ricci, Simona Negruzzo, Giovanni Giudici, Massimo Firpo, Fabio Gasti e Maria Teresa Mazzilli Savini. Della Vita di San Pio V di Tommaso Maria Minorelli esiste una traduzione a cura di Fabio Gasti, pubblicata da Ibis nello stesso anno.

Con questo articolo si conclude la serie di approfondimenti con cui Ghislieri.it ha inteso celebrare la figura del Papa fondatore nel quattrocentocinquantesimo anniversario della sua scomparsa e nel periodo dell’anno in cui ricorre la nascita del Collegio Ghislieri, datata 27 novembre 1567. In precedenza sono state pubblicate l’intervista a Virginio Bono sulla vita di Pio V, quella a Gianpaolo Angelini su Pio V mecenate delle arti, quella all’attuale Rettore del Ghislieri, Alessandro Maranesi, sulla missione sociale del Collegio, e quella a Germano Maifreda sul ruolo storico di Pio V. A esse si aggiunge l’intervista ai rappresentanti degli studenti del Ghislieri, Alessandra Berta e Francesco di Betta, intitolata Vivere nel Collegio di Pio V.