Il 25 novembre del 1930 moriva a Firenze Pio Rajna, celeberrimo filologo e critico letterario, Accademico dei Lincei e Accademico della Crusca, che fu Alunno del Collegio Ghislieri prima di trasferirsi a Pisa, dove frequentò la Scuola Normale Superiore. All’avvicinarsi del novantesimo anniversario della morte, Rajna è stato ricordato con un lungo articolo su due quotidiani del nord della Lombardia, di cui era originario: la Provincia di Sondrio e la Provincia di Como. L’articolo è firmato da Ernesto Ferrero, direttore per un ventennio del Salone del Libro di Torino, Presidente del Centro Studi “Primo Levi” e autore presso Einaudi di numerosi romanzi, il più celebre dei quali è N., insignito del Premio Strega nel 2000.
“In un’epoca così poco favorevole alla conservazione delle memorie storiche”, scrive Ferrero, “è probabile che Pio Rajna, una delle glorie della Valtellina, sia diventato per molti uno di quei nomi che rimangono fossilizzati nelle lapidi o nelle targhe delle vie, senza che la loro vita e le loro opere continuino a proporsi come lievito di vita civile. Adesso che ricorrono i novant’anni dalla sua scomparsa, è opportuno ricordare un magistero che non era soltanto scientifico, ma civile, a tutto tondo. Un modo per trasformare la cultura in fermento attivo”.
L’articolo ripercorre le tappe fondamentali della vita di Rajna, dalla nascita a Sondrio nel 1847 (nel palazzo oggi sede della Biblioteca Credaro, intitolata a un altro nostro Alunno celebre) agli studi che, tramite Pavia e il Ghislieri, lo condurranno poi in Normale a Pisa dove si laureerà con una tesi comparativa sulle versioni della Medea di Seneca e di Euripide. Di lì passa all’insegnamento superiore, dapprima a Modena quindi a Milano, al liceo Parini, finché Graziadio Isaia Ascoli non gli assicura il posto di professore di Letterature romanze all’Accademia scientifico-letteraria di Milano. Più di dieci anni dopo si trasferirà all’Università di Firenze, da docente di Lingue e letterature neolatine. “Acquista un appartamento nell’elegante e appartata Piazza d’Azeglio”, continua Ferrero, “ma a Sondrio e alla Valtellina resterà sempre legato anche per via dell’amore per la montagna, che divide con monsignor Achille Ratti, di dieci anni più giovane”. È Pio XI: diventerà pontefice nell’anno in cui il suo amico Rajna andrà in pensione, settantacinquenne.
Quanto alla ricerca filologica di Rajna – da Le origini dell’epopea francese (1884) alle edizioni critiche della Vita nuova e del De vulgari eloquentia (1872 e 1896), da Le fonti dell’Orlando Furioso (la cui edizione ampliata è del 1900), a La lingua cortigiana (1901) – Ferrero spiega che “Rajna abbraccia il positivismo come metodologia capace di andare oltre i puri giudizi di gusto. Usa il grimaldello della filologia per mettere a confronto testi di diverse civiltà letterarie, per verificare come interagiscano fra di loro. Si definisce un ‘ricercatore di origini’, dunque attento alla genesi storica dei fenomeni e dei fatti, studiati come momenti di una evoluzione che tiene insieme la natura, cultura e storia. Lo affascina quel momento aurorale in cui le fiabe, i miti, le leggende, le narrazioni viaggiano da un paese all’altro, si adattano alle culture d’arrivo, si arricchiscono di modificazioni e varianti, secondo il gusto e la fantasia di chi le interpreta e reinventa, danno vita a uno sterminato albero filologico i cui rami si confondono e si intrecciano”.
Si tratta di un’accurata e appassionata ricognizione delle molteplici sfaccettature della figura di Rajna: non solo innovatore del metodo filologico e teorico della ricerca accademica come servizio pubblico; ma anche Senatore del Regno d’Italia (nominato da Re Vittorio Emanuele III nell’ottobre del 1922, pochi giorni prima della marcia su Roma) capace di dimostrarsi interessato tanto alle questioni culturali quanto a quelle logistiche e concrete che riguardavano il proprio territorio. E ancora, fondatore della Società Storica Valtellinese e addirittura Presidente di un collegio: quello di Poggio Imperiale, per l’educazione delle fanciulle, che fu frequentato anche dalla futura Regina, Maria-José. Altresì Ferrero cita integralmente una lunga poesia che Eugenio Montale dedicò ai funerali di Rajna (cui non si presentò) nel 1977.
L’articolo uscito sulla Provincia di Sondrio e sulla Provincia di Como non è ancora disponibile online in versione integrale ma la sua uscita può essere l’occasione per riscoprire altro materiale relativo al nostro celebre Alunno, a cominciare da un lungo commento dello stesso Ernesto Ferrero alla mostra Pio Rajna e le fonti dell’Orlando Furioso che si è tenuta a Teglio due anni fa. Né va dimenticato che dal 1988 è attivo in Roma il Centro “Pio Rajna” per la ricerca letteraria, linguistica e filologica, con l’intento di far progredire nel solco dell’iniziatore la cosiddetta “scuola storica” che segnò profondamente il rinnovamento degli studi letterari italiani a cavallo fra Otto e Novecento.
Senz’altro è meritevole di rilettura il ricordo di Rajna che Bruno Credaro accluse nel breve scritto Valtellinesi e chiavennesi del Ghislieri del 1967, compreso nel grande volume celebrativo del quarto centenario della fondazione del Collegio (disponibile online grazie all’accordo fra la Biblioteca del Ghislieri e Google Books): “Dal 1923 al 1929, fu al centro delle riunioni annuali che si tenevano in settembre nei luoghi più importanti delle due valli. Per noi, allora giovani insegnanti, erano occasioni preziose. Per ogni centro il Rajna, partendo di solito dalla etimologia e dal nome del luogo, illustrava i fatti e le personalità più rilevanti, dimostrando una inarrivabile acutezza di indagine e una sicura potenza di sintesi. Ma io ho più che mai vivo nel ricordo il penultimo incontro: nel 1928, in occasione del centenario dell’apertura di quella stupenda strada che varca le Alpi a 2757 metri sul mare. Si saliva in corriera al passo dello Stelvio e il Rajna sedeva vicino a me su un sedile anteriore per godere meglio il panorama. Indossava un leggero soprabito con un berretto da ciclista e mostrava di non sentire il fresco della stagione e dell’altezza. Quando al valico ci apparve all’improvviso la grande massa dell’Ortles, si riaccesero in lui gli entusiasmi degli anni lontani, quando con gli amici sondriesi, pionieri della Sezione Valtellinese del C.A.I., aveva affrontato i quattromila metri del pizzo Bernina e altre cime delle Retiche”.
Infine, Bruno Credaro rivelava: “Sarebbe curioso sapere come andò per lui la sciacquatura dei panni in Arno; tanto più che il Carducci in Levia gravia, capolavoro di arguta polemica, scrive: ‘E ogni buon valtellinese giura: mi sun tuscann’, e pare certo che il valtellinese fosse proprio Pio Rajna”.