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Piero Dentella (1928-2022)

Ci ha lasciati quest’estate Piero Dentella, nostro Alunno ingegnere e figlio di un altro Ghisleriano, Alessandro; nel 1972 affidava alle pagine dell’Annuario del Collegio un ricordo del padre appena scomparso come “uomo frugale e lavoratore, oltremodo schietto e onesto, pronto ad aiutare chiunque, aperto sempre ai rapporti umani veramente sinceri e cordiali”, e lo ringraziava per il dono de “il suo tempo, la sua compagnia, la sua esperienza”. Cinquant’anni dopo, alla morte di Piero Dentella, il suo ricordo viene affidato al nostro Alunno Giorgio Finardi, suo cugino e compagno d’anno.

La longevità concede ai beneficiari, io fra questi, il triste privilegio di poter commemorare gli alunni scomparsi. La comunità ghisleriana dei lettori trova nelle pagine dedicate alle rievocazioni memoriali lo spazio per far riemergere momenti vissuti di quotidianità, eventualmente anche di comunione intellettuale, condivisi con chi non è più fra i viventi.

Mio cugino, Piero Dentella, di padre anch’esso ghisleriano, dopo un primo anno di studi in Ingegneria nel Politecnico di Milano, si presentò con me al concorso per l’ammissione al Collegio Ghislieri nell’autunno del lontano 1946. Come era allora possibile, la frequentazione del primo biennio di Ingegneria comportava un excursus didattico comune con la facoltà di Scienze Matematiche. Quella di Ingegneria non essendo allora presente nell’ateneo pavese, era concesso agli ammessi al Ghislieri di accedere ai Politecnici per il triennio successivo ai primi due anni di studi matematici, continuando a beneficiare dell’alunnato, e quindi da ghisleriani a pieno titolo, nella forma di una borsa di studio sostitutiva. Mio cugino Piero risultò nel novero degli ammessi al Ghislieri, e anche io lo fui. Ci trovammo quindi a varcarne la soglia, lui secondo anno di Scienze Matematiche, con la prospettiva di trasferirsi al Politecnico di Milano per il triennio successivo, e io matricola di Medicina.

Impegnati assiduamente in indirizzi di studio assai divergenti, la nostra consuetudine intellettuale non fu particolarmente stretta durante l’anno accademico 1946-’47 che trascorremmo assieme in Collegio. Frequentavamo compagni impegnati in discipline diverse, pur partecipando entrambi al dibattito politico allora particolarmente vivace dopo la parentesi bellica. In esso Piero appariva meglio strutturato di me e più assiduamente impegnato, fors’anche per via di un’educazione familiare che lo portava ad avvicinarsi soprattutto al pensiero ed all’azione di un cattolicesimo sociale che rimase, anche negli anni successivi, la fonte di un impegno civile che pure contrassegnò la sua operosità professionale, sempre attento come fu ad un esercizio profondamente umano della sua attività dirigenziale.

Conseguita la laurea in Ingegneria nel Politecnico di Milano, Piero si inserì rapidamente nel mondo del lavoro, mostrando sin da allora un vivo interesse per lo studio dei semiconduttori, studio che andava suscitando grandi prospettive di sviluppo nel mondo industrializzato. Fu assunto nel campo specifico dapprima a Milano, e successivamente a Pavia alla Fivre. Grazie all’ottenimento di una borsa di studio Fulbright fu poi per un primo biennio negli StatiUniti, ricercatore dapprima e poi docente presso la Rutgers University nel New Jersey. Appassionato di musica classica com’era, e dotato di una buona voce tenorile, partecipò assiduamente anche alle attività della corale di quell’Università. Un secondo quadriennio (1960-1964) lo vide ancora, da sposato e poi padre di due dei suoi tre figli, negli Stati Uniti, alle dipendenze dapprima della società Westinghouse e successivamente della Fairchild, sempre impegnato nell’attività di ricerca e progettazione dei semiconduttori.

La nostalgia del Paese natio, forse più sentita dalla sua consorte, di famiglia brianzola ma fiumana di nascita, lo spinse al rientro in Italia dopo gli anni trascorsi negli Stati Uniti. Prese residenza a Monza ed in Italia nacque il suo terzo figlio. Le competenze acquisite negli Stati Uniti facilitarono il suo ingaggio nella Società SGS Semiconduttori, che nello stabilimento di Agrate Brianza andava sviluppando tecnologie d’avanguardia nel campo specifico. Ivi rimase per otto anni, sino a raggiungervi la qualifica di capo del Management tecnico. Trasferitosi in provincia di Parma, assunse poi per un biennio la Direzione Generale di una società specializzata nella produzione di fabbricati industriali, e successivamente per un altro biennio fu a Trezzano sul Naviglio Direttore Generale della ISMEA, società dedicata alla fabbricazione di gettoniere per vendite automatiche.

Infine, fu per dodici anni direttore dello stabilimento per acquisti “Make or  By” della società FLEXIBOX a Cologno Monzese, prima di iniziare nel 1989, data del suo pensionamento, un’attività imprenditoriale in collaborazione con il figlio Alessandro. Questa si indirizzò dapprima al campo degli accessori per la fotografia, poi a quello delle cineprese ad alta velocità di scansione. Fu rappresentante generale per l’Italia della società Canadian Photonic Labs e tale attività libero-professionale svolse sino a pochi anni or sono, sempre interessato come fu alle moderne evoluzioni tecnologiche ed intellettualmente aperto alle loro traduzioni in termini operativi.

Condizioni non ottimali di salute ed una sordità ingravescente che finì con il precludergli la guida dell’automobile lo obbligarono a rinunciare all’operosità professionale nell’arco degli ultimi anni della sua vita. Egli conservò, pur nell’avanzar dell’età, uno spiccato interesse per la lettura e per l’attualità sociale, che una moglie saldamente ancorata ad una spiritualità di ispirazione cristiana condivideva. Prese anche parte a Monza al dibattito politico, nel contesto di un impegno civile progressista e solidale quale fu sempre il suo. Rimasto vedovo nel corso del mese di marzo di quest’anno, trovò conforto nell’affetto dei suoi figli, Alessandro, Bruna e Fabio, e nella presenza quotidiana particolarmente premurosa di una nipote, Cecilia, che qui mi piace ricordare. Piero Dentella, mio cugino e ghisleriano come me, ha concluso il suo percorso terreno nell’agosto di quest’anno. Di lui rimarrà in chi lo ebbe caro, io fra i tanti, un ricordo non effimero.

Giorgio Finardi