Dei dieci studenti italiani di materie biomediche che quest’anno hanno usufruito della borsa Armenise per un’estate di studio a Harvard, due sono ghisleriani. Si tratta di Chiara Pasquini, pistoiese e iscritta al sesto anno di Medicina, e Federico Rossi, leccese e iscritto al quinto. Ghislieri.it li ha incontrati, dopo il loro ritorno a Pavia, per raccogliere le loro impressioni sull’esperienza americana.
“Alla Harvard Medical School e al Massachusetts General Hospital ho frequentato il laboratorio del prof. Mark Alberts, un neurologo, per studiare il coinvolgimento del pathway delle JAK/STAT nella patogenesi dell’Alzheimer e della SLA”, esordisce Chiara. “L’ho scelto perché mi interessano la neurologia e, in particolar modo, le malattie neurodegenerative. Cercavo inoltre un laboratorio abbastanza piccolo, che non fosse composto da troppo personale, così da poter stringere un rapporto duraturo e solido con il docente e con lo staff. Anche se non era compreso nel mio progetto, Alberts si occupa anche di disturbi dell’olfatto, e mi ha potuto illustrare il suo lavoro sul pathway dei neuroni olfattivi nelle malattie neurodegenerative in vari lab meeting”.
Il prof. Alberts ha altresì consentito a Chiara di seguirla nel proprio lavoro clinico, così da mostrarle da vicino il funzionamento del lavoro in corsia: “Mi è piaciuto molto l’approccio del medico americano, che più di quello italiano viene formato da subito a relazionarsi col paziente, già solo nel modo in cui comunicargli la diagnosi. La borsa Armenise mi ha fatto pensare che potrebbe valere la pena di intraprendere una carriera negli USA, per quanto possa essere complesso: l’abilitazione italiana non viene riconosciuta oltreoceano e servono degli esami integrativi e dei tirocini formativi piuttosto impegnativi. Di sicuro, però, intendo coltivare il mio interesse nella ricerca preclinica di laboratorio, che voglio abbia un ruolo nella mia futura carriera da medico”.
Chiara racconta che è arrivata a Pavia ritenendola sede di una delle migliori facoltà di Medicina in Italia, ma attratta soprattutto dalla prospettiva di entrare in un Collegio di merito (“consente un compromesso fra la vita da fuori sede e il non sentirsi abbandonati a sé stessi”); proprio al Ghislieri deve il suo primo soggiorno di studio all’estero, a Cambridge durante il terzo anno di Università, cui ha fatto seguire due Erasmus Trainship a Copenaghen e a Monaco di Baviera.
Quanto alla vita quotidiana durante la permanenza in America, continua, “il lavoro è stato piuttosto intenso – laboratorio al mattino e al pomeriggio dei giorni feriali e talvolta anche festivi – ma alla sera o al fine settimana gli altri borsisti e io ci siamo organizzati per altre attività. Anche solo girare per Boston, o andare al mare a Cape Cod; gli ultimi tre giorni di settembre siamo andati a New York, dopo avere terminato il nostro lavoro”.
Il soggiorno è stato reso più piacevole anche dalla scelta, da parte di un nutrito gruppetto di borsisti, di affittare insieme l’alloggio a Boston. Fra loro c’era anche Federico, che racconta: “Avevo l’idea di provare a ottenere una borsa Armenise sin dal mio primo anno in Collegio, quando ne avevano usufruito addirittura quattro laureandi ghisleriani di allora, parlandomi successivamente della propria esperienza a Harvard. Quando ho capito che la ricerca biomedica di base mi interessava, l’ho decisamente ritenuta una strada da percorrere, tanto più che coi successivi tirocini ho capito che mi piaceva anche stare coi pazienti; per questo, dopo la laurea, cercherò di far coesistere clinica e ricerca”.
“L’estate a Harvard”, continua, “è stata un modo per cimentarmi con la ricerca biomedica, sulla quale in Italia non è previsto un training di laboratorio durante il corso di studi; infatti risulterebbe extracurricolare a differenza di ciò che accade ad esempio a studenti di biologia o chimica. A Boston ho lavorato nel laboratorio di Deepak Rao, un giovane docente che lavora nel Brigham and Women’s Hospital, uno dei tre ospedali della Longwood Medical Area, nel dipartimento di reumatologia e immunologia clinica. Lì si fa ricerca soprattutto sull’artrite reumatoide e sul lupus eritematoso sistemico”.
“Il mio interesse si è concentrato su quest’ultimo, con un progetto che mi ha consentito di svolgere dei test per comprendere la quantità e la qualità di un determinato tipo di cellule immunitarie (linfociti T) all’interno del sangue dei pazienti col lupus. Si tratta di una malattia autoimmune che colpisce soprattutto le donne in età fertile; è estremamente complessa perché può colpire qualsiasi organo e di cui non si conosce a fondo la patogenesi. È difficile studiarne le caratteristiche biologiche e questo causa difficoltà con la diagnosi: alcuni pazienti possono manifestare problemi ai reni, altri possono manifestare delle psicosi”.
Forte anch’egli di una precedente esperienza di studio a Cambridge grazie a una borsa di studio del Ghislieri, negli Stati Uniti Federico ha potuto notare come a Boston “si trovino più facilmente figure di physician-scientists, ossia docenti che sono sia medici clinici sia ricercatori di laboratorio; è il luogo ideale per capire come proseguire la carriera portando avanti simultaneamente i due livelli, come invece accade più di rado in Italia”.
Così come sono stati i ghisleriani più grandi a indirizzare, anni fa, Chiara e Federico verso l’obiettivo della borsa Armenise, anche loro stanno facendo da tramite con le nuove leve collegiali: “Abbiamo già iniziato a raccontare la nostra esperienza agli studenti più giovani di noi, che potrebbero partecipare al bando per le nuove borse Armenise – aperto pochi giorni fa e con scadenza prevista il 15 dicembre. Ci siamo messi a disposizione per aiutarli e abbiamo organizzato un incontro con i precedenti beneficiari della borsa, Matteo Gianeselli e Alice Martinotti, per illustrare come compilare la application e spiegare i dettagli pratici dell’esperienza. Forse è questo ciò che è più bello in Ghislieri, o che quanto meno ha funzionato molto bene per me”, conclude Federico, “sapere di poter parlare con i compagni delle esperienze che hanno compiuto nel corso degli anni”.