La permanenza al Collegio Ghislieri del suo alunno più celebre, Carlo Goldoni, a fine Ottocento era materia reputata non solo ben nota ma anche utile a trarne indicazioni stilistiche ed edificanti, a beneficio dei bambini che venivano istruiti nella neonata Italia. Lo comprova il Primo avviamento al comporre con metodo pratico proposto alle scuole elementari, normali e magistrali (1877), manuale di Antonio Fassini, all’epoca piuttosto rinomato come autore di antologie di letture, anche specificamente rivolte a scuole tecniche e istituti militari, (Libro di letture italiane con avvertenze ad uso delle scuole normali e magistrali), di commenti didattici a San Francesco, a Dante, al Tasso, all’Ariosto e all’Alfieri(L’amore e la patria nelle tragedie di Vittorio Alfieri) e al Foscolo, di bigini su Machiavelli e, successivamente, del pamphlet Di alcuni pregiudizi intorno alle nostre scuole.
Il tema su Goldoni ghisleriano viene proposto nel volume dedicato agli esercizi pratici di composizione, che completa una trilogia che inizia con un volume su proposizione e periodo e si conclude con quello dedicato a temi e letture. “Mi pare utile di proporre, con esercizi pratici, brevi e facili raccontini per imitazione”, scrive Fassini: “L’esperienza m’insegnò dànno buoni risultati”. Queste tracce sono suddivise in tre specie: favole e parabole, “racconti di fatti veri” e lettere di varia guisa: “di domanda e di risposta”, “di ragguaglio”, “d’augurio”, “di congratulazione”, “di condoglianza”. In queste ultime vengono assegnati esercizi di composizione epistolare che, nella compiaciuta descrizione della sofferenza altrui, rasentano il sadismo. I racconti di fatti veri, oltre che dalla permanenza di Goldoni in Collegio, sono invece ricavati da Le mie prigioni di Silvio Pellico e dalla Vita di Benvenuto Cellini.
Per quanto risicata, la selezione è significativa. Convinzione di Fassini è che “ciò che riguarda uomini illustri nelle lettere, nelle scienze, nelle arti, desta per lo più vivo interesse nel cuore de’ giovani, e se il maestro sa bene valersene, troverà nella nostra letteratura una miniera inesauribile, e così, oltre il benefizio di avviare i fanciulli all’arte del comporre, avrà quello di far loro conoscere ed apprezzare i grandi nomi e le principali vicende de’ personaggi, di cui si onora la letteratura italiana”.
Ecco dunque, più o meno a metà volume, il tema svolto sul Goldoni collegiale. Corposissima la traccia o, come si diceva all’epoca, l’“argomento”: “Il Goldoni attendeva a Pavia allo studio delle leggi, ed era alunno del Collegio Ghislieri, così detto dal nome del Pontefice San Pio V, di casa Ghislieri, che ne fu il fondatore. Punto sul vivo, perché non era stato ricevuto in casa da alcune famiglie, presso cui aveva lettere commendatizie, e stimolato da falsi amici, scrive una satira sanguinosa contro rispettabili persone di Pavia. Ne nasce gran tumulto per la città e il Goldoni è cacciato dal Collegio. Si pente di aver abusato del proprio ingegno, ma troppo tardi”.
Lo svolgimento di base proposto da Fassini segue, piuttosto pedissequamente, i noti eventi raccontati dallo stesso Goldoni, ormai anziano, nei Mémoires, non prima tuttavia di aver sottolineato che al Collegio Ghislieri Goldoni passò “due anni assai felici” in quanto “ivi gli alunni erano ben nutriti e ottimamente alloggiati. Avevano la libertà di uscire per andare all’Università. L’ordine era di uscire e di rientrare a due a due; ma l’ordine non veniva osservato. Insomma, era una comunità di giovani in disciplina, ma ciascuno faceva quel che voleva, e vi regnava molta dissipazione interna, e molta libertà esteriore”.
Al cambio di capoverso seguono toni drammatici. “Ma il terzo anno”, scrive Fassini, “che doveva essere l’ultimo, fu per lui fatale”. Il temario ricostruisce il dettaglio dei dialoghi fra il giovane Goldoni e le fantesche che lo respingono quando va a fare visita alle loro signore, negando siano in casa. Punto sul vivo, Goldoni se ne lamenta con i compagni di Collegio: “Dai loro discorsi comprese che i cittadini di Pavia erano nemici giurati degli scolari, e che nel tempo delle vacanze ultime avevano fatto una cospirazione contro i medesimi, i quali perciò non venivano più ricevuti dalle famiglie”. Gli propongono di vendicarsi, gli forniscono delle pistole (“Egli, trovandole belle, dice che le maneggiava con piacere da scimunito”) salvo poi, vedendo che non si decide a usarle, denunciare ai superiori che detiene armi da fuoco. Goldoni viene punito con l’isolamento in camera e lì “i falsi amici vennero a tentarlo ed a sedurlo in una maniera molto più pericolosa per lui, poiché solleticava il suo amor proprio”. Gli suggeriscono di vendicarsi “con argutezze pungenti e con quella forza comica che è la sua caratteristica”, e Goldoni compone “una satira che feriva la delicatezza di molte famiglie oneste e rispettabili”.
È il Colosso, in cui vengono combinate le bellezze delle dame del bel mondo pavese; Fassini, rivolgendosi a scolari delle elementari, glissa in toto sul contesto licenzioso del componimento. Insiste invece (ancora con compiacimento forse sadico) sulla scoperta dell’autore della satira, sull’allontanamento del Goldoni dal Collegio, sulle parole che dedica ancora nei Mémoires a “orrore”, “rimorsi”, “pentimenti” che lo assalgono, allo “stato doloroso”, alla “situazione infelice”. Cosa più interessante, Fassini propone di speziare maggiormente il tema contrapponendo tuttavia “a questo triste fatto un altro bellissimo”, e cioè la storia di un giovane che, assistendo alla commedia goldoniana La buona moglie, decide di cambiare vita. “Questa scena”, conclude Fassini, “produsse una conversione a Venezia. Un giovane simile a Pasqualino [il protagonista], che assisteva alla rappresentazione della commedia, quando ascolta la tenera correzione che il padre fa al figliuolo, vivamente si commuove, prorompe in uno scoppio di pianto, si riduce in seno della sua famiglia, dà l’addio ai cattivi compagni e muta vita”.
A fine Ottocento, dunque, la permanenza di Goldoni in Ghislieri poteva essere edulcorata e riaggiustata a mo’ di exemplum, di storia di caduta e pentimento e redenzione, allo scopo di far trarne giovamento etico ai più piccoli. Fassini si dilunga al riguardo nelle “Avvertenze”, ossia nella guida per il docente che accompagna a ciascun tema svolto. “Il maestro”, scrive, “ponendo a fronte codesti due fatti, può trarne ammaestramenti morali a vantaggio de’ suoi allievi. Dimostrando quanta sia la potenza dell’umano ingegno, avverta che questo è un dono di Dio, e guai a chi ne abusa! Rivolgendosi ai suoi allievi domandi loro: ‘Vorreste voi avere scritta una satira come quella in cui il Goldoni si fa gioco di molte rispettabili famiglie di Pavia, mettendole in derisione? No, certamente, perché il vostro cuore non corrotto rimarrebbe contristato se mai cagionasse male ad altri. Niuno di voi, ne son certo, vorrebbe avere negli anni maturi un tal rimorso nella coscienza. Invece chi non andrebbe superbo d’avere scritto una commedia come La buona moglie, che fu un potente stimolo alla conversione di quel giovane?’”.
“Quindi”, concede Fassini in conclusione, “il maestro potrà dire qualche parola sulla satira, la quale si propone di sferzare il vizio con lo scopo di correggerlo. Sferzi il vizio, ma rispetti le persone. La satira personale, che è uno sfogo della malignità dell’animo, è cosa abbominevole. Si rappresentino i fatti virtuosi, affinché la gioventù li imiti, e si rappresentino pure fatti tristi, affinché si sfuggano. Io perciò ho narrato la cacciata del Goldoni dal Collegio, affinché i giovani, da quel fatto ammaestrati, stiano in guardia contro il cattivo esempio e la tentazione (che lusinga i deboli) di denigrare con cattivi scritti la riputazione altrui”.
I brani citati nell’articolo sono tratti dal secondo volume del Primo avviamento al comporre con metodo pratico proposto alle scuole elementari, normali e magistrali di Antonio Fassini (Torino, Grato Scioldo, 1877). La versione di Goldoni può essere letta nelle Memorie, di cui esiste un’edizione economica per la collana BUR di Rizzoli. Precedenti puntate di “Letture ghisleriane” sono state dedicate alla Liberazione del Collegio dai soldati tedeschi nel 1945, alle prime conseguenze degli episodi di rivolta in Collegio a fine Ottocento e al tentativo da parte degli Alunni in corso di trasformare il posto in Collegio in fruizione di una borsa di studio nel 1890, ai ricordi del concorso di ammissione nel 1947 ,ai valori storici del Collegio in un breve scritto di Pietro Ciapessoni e all’omonimo Collegio Ghislieri di Roma.