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Usare la tv per istruire i Paesi meno scolarizzati – Online il video della conferenza di Eliana La Ferrara
Interview with Eliana La Ferrara | Times Higher Education (THE)

Eliana La Ferrara si occupa di povertà: nella doppia accezione di povertà economica nei Paesi in via di sviluppo e di povertà educativa, anche in Italia. Titolare della Cattedra Invernizzi in Economia dello Sviluppo presso l’Università Bocconi – e forte di una formazione che va da Harvard al MIT di Boston – è una economista attenta al risvolto sociale, che alle cifre affianca un attento studio delle scienze umane per calcolare le ricadute delle scelte sulla popolazione e, soprattutto, per monitorarle e indirizzarle verso il meglio.

Il suo intervento al Collegio Ghislieri, intitolato Edutainment e cambiamenti sociali, si pone il quesito: è possibile utilizzare la tv come metodo di politica economica per trasformare in meglio la società? Il video integrale dell’evento è disponibile online sul nostro canale YouTube.

Punto di partenza della sua analisi è la crescita esponenziale di tv possedute nei Paesi poveri africani nel corso degli ultimi trent’anni, cui non è corrisposta una paragonabile crescita del tasso di scolarizzazione secondaria femminile nello stesso contesto. Da ciò si intuisce come la tv possa può dunque essere usata come mezzo per veicolare contenuti tradizionali del sistema scolastico, talora in maniera più efficace oltre che socialmente rilevante. È il caso, ad esempio, della prevenzione dell’HIV o del contrasto alla violenza domestica. Questi temi, spesso portati avanti da campagne governative, non di rado vanno incontro all’insuccesso proprio perché risultano condotte in forma troppo ufficiale, dall’alto in basso.

“Ciò rende necessario un approccio diverso e la tv, sotto questo aspetto, è più vantaggiosa”, spiega la prof. La Ferrara. “Sia perché è un mezzo immediato, che raggiunge una vastissima popolazione non scolarizzata, sia perché mette in moto reazioni emotive che non sono innescate dall’istruzione tradizionale”.

Di quest’effetto esistono prove sia sperimentali sia non sperimentali. Queste ultime sono date da programmi che hanno indotto a cambiamenti sociali non intenzionali. “Penso ad esempio a una vecchia telenovela brasiliana, La schiava Isaura, trasmessa da Rede Globo”, racconta. “Erano gli anni Settanta, un’epoca in cui non di rado le telenovele erano scritte da intellettuali progressisti che si rifugiavano nell’intrattenimento durante gli anni della censura dittatoriale in Brasile. In questo modo finivano per mostrare modelli di donne senza figli o divorziate, cosa poco comune nel Brasile dell’epoca, che il pubblico associava al contesto benestante in cui erano ritratte. Va detto peraltro che la scelta di raccontare storie di famiglie poco numerose era anzitutto dovuta alla necessità di non far perdere il filo in trame decisamente complicate. Ebbene, man mano che nel Paese si diffondevano i ripetitori di Rede Globo, nelle aree che venivano raggiunte aumentavano i tassi di divorzio e calava il tasso di fertilità, secondo una riduzione che poteva garantire ben due anni in più di istruzione ai nascituri. Questo, ovviamente, era ben al di là delle intenzioni di Rede Globo; resta tuttavia indicativo dell’innegabile influsso sociale esercitato dalle trasmissioni televisive”.

L’edutainment consiste invece nell’utilizzare i media in maniera strategia per promuovere comportamenti socialmente desiderabili. “Anche in questo caso un esempio può essere tratto da una telenovela sudamericana”, continua: “La peruviana Semplicemente Maria, che racconta dell’evoluzione della protagonista di umile estrazione. Le casalinghe che la seguivano hanno mostrato una tendenza a iscriversi a corsi serali, per ripercorrerne le orme. È ciò che desume lo psicologo Albert Bandura: è possibile imparare anche tramite l’esperienza altrui, col vantaggio di mettersi al riparo dai costi dell’esperienza diretta. Inoltre si può incrementare la self-efficacy mostrando al pubblico personaggi che abbiano il suo stesso background ma realizzino obiettivi che  chi guarda non ritiene di poter perseguire. In questa maniera si dimostra sia che è possibile sia come si fa a ottenere quel risultato”.

Il produttore messicano Miguel Sabido ha poi individuato tre fattori che rendono efficace l’edutainment: il role modeling, tramite la creazione di personaggi ai poli opposti (positivo e negativo) e di protagonisti intermedi che si evolvano da un polo all’altro; l’identificazione, tramite la creazione di personaggi in cui il target possa rispecchiarsi agevolmente; l’esemplificazione, tramite la ricostruzione di situazioni in cui i personaggi fungano da guida per il pubblico.

“In questa maniera non solo viene incrementata la self-efficacy, ma vengono ridimensionate le controargomentazioni che trattengono il pubblico e – grazie alla necessità di restare nei tempi narrativi – vengono sfrondate le informazioni che magari una campagna governativa può fornire in maniera troppo dettagliata o pedissequa”. Il caso di scuola, che la prof. La Ferrara ha presentato capillarmente nel corso del proprio intervento, è la serie tv Shuga, prodotta da Mtv per il pubblico nigeriano al duplice scopo di favorire la prevenzione del contagio HIV e diminuire lo stigma nei confronti dei sieropositivi.

In conclusione, qualche caveat da tener presente riguardo all’edutainment: “Alcuni sono dovuti ad effetti non intenzionali: magari la parte di informazione che viene sfrondata per ragioni narrative finisce per rivelarsi importante o decisiva ai fini sociali, ma non viene trasmessa al pubblico. Oppure, poiché si parla pur sempre di intrattenimento, la tendenza a dover includere nella trama elementi di grande presa sul pubblico (una storia adulterina, o un episodio di violenza) può finire per trasmettere insieme a quelli educativi anche contenuti diseducativi. Né va dimenticato il problema fondamentale: chi decide quali valori far passare? Su questo bisogna essere molto attenti, specie in situazioni politiche complicate. Altrimenti si finisce come nel celebre caso del dittatore della Corea del Nord che fece rapire celebri attori della Corea del Sud allo scopo di produrre show che esaltassero la dittatura. Queste possibili controindicazioni tuttavia non devono scoraggiarci, anzi: ribadiscono che il nostro compito è continuare a ingegnarci”.