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Il mio Collegio – Colloquio con Alfio Quarteroni

Con “Il mio Collegio”, Ghislieri.it incontra Alunni di varie generazioni per una lunga chiacchierata sospesa fra memoria e attualità, lasciando l’intero spazio alle loro dichiarazioni. Il nuovo appuntamento è con Alfio Quarteroni, ghisleriano dal 1971 e Premio Ghislieri 2013, recentemente collocato dal ranking di Research.com al primo posto fra i matematici italiani (e fra i primi cinquanta al mondo). Ghislieri.it lo ha incontrato in occasione dell’annuncio del conferimento del Lagrange Prize, che l’International Council for Industrial and Applied Mathematics (ICIAM) gli consegnerà a Tokyo nell’agosto 2023.

Alfio Quarteroni - Wikipedia

Venivo da un paese di campagna in provincia di Cremona e non era previsto che studiassi all’Università: sono stati i commissari dell’Esame di Maturità a convincermi a farlo. Non mi sentivo neanche attrezzato, essendomi diplomato in Ragioneria poiché mio padre voleva che lavorassi in banca – da buon contadino vedeva le cose in modo concreto – e, alla fine delle superiori, non sentivo di avere i mezzi adatti per iscrivermi a Matematica. Mi stuzzicava molto però l’idea di studiare questa materia di cui non conoscevo nulla ma da cui mi sentivo affascinato. Con gesto masochista, avevo deciso di studiare Matematica a Milano; ma un mio amico di un anno più grande di me, alunno del Borromeo, mi ha suggerito di iscrivermi a Pavia in quanto c’erano dei collegi di merito, dicendomi che se fossi stato ammesso avrei potuto non pagare la retta. Per me ciò era molto importante, avendo bisogno di supporto economico. Non conoscevo Pavia, ero totalmente tabula rasa. Ho provato il concorso anche in Ghislieri e sono risultato ammesso in entrambi i collegi. Volevo andare in Borromeo col mio amico ma lui stesso mi ha detto: “No, vai in Ghislieri, che è meglio”. Si è rivelato molto saggio.

Sono arrivato in Ghislieri senza sapere nulla. Non sarei mai riuscito a passare la prova d’ingresso in Matematica, quindi ho svolto l’esame di ammissione per Economia, l’unica materia che pensavo di conoscere dopo il diploma. Il giorno dopo essere stato ammesso in Collegio, sono andato dal Rettore, il mitico professor Aurelio Bernardi. Gli ho detto che avevo deciso di fare Matematica e lui mi ha chiesto: “Perché mai?”. Mi ha incoraggiato a studiare Economia, temendo che iscrivendomi a Matematica non riuscissi a laurearmi. Allora gli ho risposto che avrei comunque studiato Matematica e, se lui non avesse potuto tenermi in Ghislieri, me ne sarei andato. Ci accordammo allora perché io mi iscrivessi Matematica a mio rischio e che, se fossi riuscito a passare il primo anno, rifacessi l’esame di ammissione per Matematica. Quindi, dopo un anno in Collegio, mi sono presentato di nuovo all’esame d’ingresso.

Il primo giorno, appena arrivato, conobbi subito un Alunno al quarto anno di Matematica, Paolo Monti. Aspettava disperatamente da tre anni qualche ragazzo che studiasse Matematica: gli altri ghisleriani iscritti alla facoltà erano tutte ragazze, perché all’epoca si riteneva che fosse una facoltà che avviasse soprattutto all’insegnamento, allora appannaggio soprattutto femminile. Già solo fra le mie compagne d’anno c’erano ben quattro matematiche, e in Università i ragazzi erano decisamente minoritari nel corso di laurea, una dozzina su ottanta matricole. Ricordo benissimo che io, ancora con la valigia, sono sbucato dalla portineria sul Quadriportico e lui, passando per puro caso, mi ha domandato cosa avrei studiato. Quando gli ho risposto “Matematica”, non credeva alle sue orecchie. Allora mi ha subito posto una domanda sulla materia, a cui ho dato una risposta ridicola e insulsa. Lui allora mi ha detto: “Cambia mestiere, non riuscirai mai a fare il matematico”. Ma già dalle primissime settimane si è dimostrato una persona estremamente disponibile a venire in mio soccorso, consentendomi di sentire da subito attorno a me un ambiente molto solidale.

L’ingresso in Ghislieri è stato un punto di svolta, per me che da adolescente ero abituato a lavorare nei campi e avevo una mentalità più chiusa, con convinzioni forti ma che venivano dal territorio, principii solidi e concreti con poche divagazioni. In Collegio ho scoperto il mondo; un mondo complementare al mio, se non talvolta ortogonale. Tante persone molto brave, con belle teste, persone intelligenti con le quali parlare era un piacere e un esercizio a cui non ero mai stato esposto. Ma persone anche con idee molto diverse dalle mie, che all’inizio mi creavano qualche choc. Questa doccia scozzese mi ha consentito di comprendere che il mondo è grande e che esistono tanti punti di vista diversi dal mio, aiutandomi a capire la realtà con una fantastica rapidità che altrimenti sarei riuscito a raggiungere con tempi più lunghi, una volta entrato nella professione. È stata una scoperta, tutta una scoperta: capire il mondo attraverso le persone.

Erano tempi di dinamiche forti: nei primi anni Settanta eravamo nella coda lunga della contestazione. In Collegio eravamo molto polarizzati dal punto di vista politico, e anche un po’ antagonisti, per certi aspetti. Anche questo è stato utilissimo perché mi ha fatto capire che la società si muove secondo parametri e criteri dalla comfort zone a cui si è abituati. Sono stati quattro anni fondamentali per la mia vita, professionale e personale. Ho imparato una professione e ho anche trovato una moglie, quindi è stato perfetto.

Il Rettore Bernardi era una persona di grandissimo carisma, di ironia sottile, capace di negare l’evidenza con classe assoluta, dotata di grande tatto e grande intelligenza. Marcava con noi una distanza siderale dovuta alla diversità di ruolo e di età ma nella sostanza si mostrava sempre presente, consentendoci di discutere con lui qualsiasi nostro problema: ci faceva capire che la sua missione era proprio fare in modo che tutti noi trovassimo l’ambiente migliore possibile per crescere. Sapevamo di poter contare in lui su una persona che ci aiutava. Ne ho un ricordo bellissimo.

Non sono in grado di sapere se i criteri di selezione di oggi siano confrontabili a quelli di tanti anni fa; ho però un feedback molto positivo perché continuo a vedere uscire dal Ghislieri persone di grande qualità. Dal punto di vista della fisiologia interna, per me il Collegio è stata un’occasione straordinaria per confrontarmi con ragazzi mediamente bravissimi dal punto di vista intellettuale, in un’atmosfera di profonda solidarietà. Può sembrare retorico dirlo ma è così. Se tornassi indietro, non chiederei niente di diverso; non penso di avere mai desiderato niente di più di quel che ho trovato lì. Un aspetto importantissimo per me è stata l’assenza di competizione: non ho provato la sensazione che invece si prova negli ambienti lavorativi quando, da laureati, bisogna dimostrare di essere i più bravi. L’elemento dell’amicizia e della solidarietà ha sempre prevalso, non ho mai percepito dell’invidia.

So che si possono fare mille cose in più – eventi, spettacoli, corsi – e che la parte formativa è stata rafforzata rispetto ai miei tempi; sicuramente però ho beneficiato moltissimo degli elementi fondamentali in Collegio, la vicinanza e la comprensione da parte di tutti e un clima di familiarità e di solidarietà, oltre all’aria che si respira. Basta guardare il Quadriportico per avvertire un’atmosfera diversa.

Quando sono tornato per ricevere il Premio Ghislieri ho provato una bellissima sensazione. Alla fine si esce dal Ghislieri essendo uno dei tanti collegiali laureati, avendo anche una percezione netta della dimensione dell’impegno e del sacrificio. È stato bello tornarci dopo un po’ di tempo per ricevere un riconoscimento e ritrovare tanti ex compagni anche più grandi di me, scoprendo che gli anni di differenza si sono dissipati e spenti nel tempo e ci hanno ricondotti alla stessa classe di equivalenza, quella di Ghisleriani che condividono valori e ricordi.

Nella squadra di calcio del Ghislieri giocavo da portiere e al mio secondo anno, nel 1972-’73, abbiamo vinto il Torneo Intercollegiale. Ma a Pavia il nostro sport preferito era girare per la città e per Borgo Ticino alla sera, un vero momento liberatorio dopo avere seguito i corsi e studiato tutto il giorno. Avevo amici appassionati di cinema, che abbiamo seguito molto, e un amico appassionatissimo di musica – Tommaso Bolognesi, grande fan dei Beatles oggi come allora – ed è stato molto piacevole, in un periodo di grande effervescenza culturale. Avevamo molti amici fuori dal Collegio, anche persone più grandi di noi e impegnate nel sociale, che ci consentivano di passare tanto tempo in una dimensione completamente diversa rispetto alla nostra che, in Collegio, ci sentivamo davvero dei privilegiati. Ancora oggi, se penso al Ghislieri, non riesco a immaginare nessun altro possibile microcosmo in cui una persona che ha testa per studiare e voglia di studiare possa trovarsi a vivere meglio.

Compagni d’anno di Alfio Quarteroni sono stati: Teresa Maria Cavalli, Anna Maria Panzeri (Lettere); Antonella Besussi, Anna Elisabetta Galeotti (Filosofia); Francesca Marcelli, Paolo Negri della Torre (Giurisprudenza); Monica Galliano, Anna Roncoroni (Farmacia); Daniela Bergamaschi, Augusta Bianchi, Ermenegilda Boni, Augusta Brambilla, Maria Bressan, Gioia Brigidi, Luciana Cervini, Pierluisa Grossi, Maria Ortis, Annamaria Ragno, Bruna Trolli, Elisa Valoti, Giacomo Bezzi, Nazario Brumana, Simone Del Curto, Bruno Giacometti, Carlo Montecucco, Dino Scarabelli (Medicina e Chirurgia); Adele Rimoldi, Paolo Boieri, Tommaso Bolognesi, Mario Ottone (Fisica); Roberta Oberti, Piera Luisa Tonelli (Chimica); Chiara Bellinzona, Maria Chiara Rizzi, Piera Sonzogni, Maria Ester Stringa, Augusto Visintin (Matematica); Baldassarre Bacchi, Piergiorgio Gobbi, Claudio Gregorio, Giuseppe Meneghini, Giadomenico Pinna (Ingegneria).

La prima puntata de “Il mio Collegio” è stata dedicata a Marco Vitale.