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Il Covid non stravolgerà l’economia – Riccardo Puglisi sugli effetti dell’emergenza

“La globalizzazione non è finita”: nel corso di un colloquio con Ghislieri.it, il nostro Alunno Riccardo Puglisi, professore associato di Economia Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e sociali dell’Università di Pavia, assume una posizione netta. “La prendo in contrasto a posizioni altrettanto nette nell’altra direzione”, illustra, “che a mio parere sono totalmente infondate. In televisione ho sentito addirittura dichiarazioni secondo cui, per motivo del Covid, è finita la globalizzazione”. Ma l’emergenza non ha causato una crisi senza precedenti? “Bisogna vedere in che termini temporali misurare le cose. Evidentemente per il 2020, ossia nel breve termine, è una situazione gravissima, comparabile solo a una guerra, benché con tutte le ovvie differenze del caso. Quest’anno, dal punto di vista delle attività economiche, sono stati persi dei mesi perché si è necessariamente dovuto bloccare tutte le attività e fare lockdown: ci sarà quindi un calo del Pil estremamente elevato nonché un incremento del deficit, poiché lo Stato farà debiti ulteriori per finanziare gli interventi o gli investimenti a fondo perduto. Chiaramente, però, l’effetto si diluisce nell’anno: se poi il lockdown finisce (come di fatto sembra essere finito), ci sarà un periodo in cui le attività economiche riprenderanno, con tutta la cautela e la prudenza del caso”.

Per questo, secondo il prof. Puglisi, a medio o lungo termine si può uscire dall’emergenza economica. “Credo avverrà a motivo di tre fenomeni. Al primo stiamo già assistendo: si tratta dell’evoluzione del lavoro, ben rappresentata dalla forma dello smartworking che consente di svolgere attività online anziché di persona. La seconda componente è la terapia. Consultandomi con specialisti clinici in campo medico, mi sembra di capire che gli interventi sanitari stanno migliorando la speranza di vita e riuscendo a evitare la terapia intensiva o, in caso contrario, a salvare il paziente. Ciò rende la malattia un po’ più gestibile, anche se i virologi la pensano diversamente rispetto ai clinici, ed enfatizzano di più la necessità di aspettare un vaccino. Ecco, il vaccino è la terza via d’uscita. Da economisti – e l’economia sanitaria fa parte della scienza delle finanze – tuttavia bisogna fare calcoli che tengano presente i costi e i benefici; quindi l’attesa del vaccino, dal punto di vista strettamente economico, diventa meno rilevante se nel frattempo le terapie migliorano”.

Questi tre fattori eviteranno, secondo Puglisi, un cambiamento drastico dell’economia. “Se ci sarà un cambiamento, sarà piuttosto in come la società umana gestirà tali emergenze; e consisterà nell’avere una maggiore prontezza per la prossima, qualora dovesse capitarne un’altra, oppure nel caso di recrudescenza del Covid-19. Sapremo cosa fare: ad esempio avere una struttura modulare dell’economia, sempre nell’ambito sanitario, tale da disporre di un numero sufficiente di terapie intensive ed essere in grado di entrare subito in lockdown, cercando di fare tracciamento e di chiudere immediatamente ogni focolaio. Ciò non rientra nello scenario apocalittico, che invece è tipicamente patrocinato da qualcuno che o non conosce l’economia o vuole disintegrare: desidera un cambiamento della struttura capitalistica, la fine della globalizzazione, molto più intervento pubblico nell’economia. Di recente – in un webinar organizzato da Stefano Parisi su Ricostruire.it, cui ho partecipato assieme all’ex ministro Giovanni Tria, a Gabriele Albertini, a Fabio Pammoli e ad altri – dicevo che mi sembra proprio che ci sia un’ansia gioiosa, come se alcuni fossero quasi contenti di vedere in quest’emergenza delle prospettive rivoluzionarie”.

Essere in grado di affrontare una prossima emergenza significa, da parte della politica, impegnarsi a compiere delle scelte a lungo termine; in alcuni momenti, tuttavia, c’è stata l’impressione che le decisioni fossero prese esclusivamente in base a contingenze travolgenti. “A mio parere”, continua il prof. Puglisi, “in questo contesto sarebbe auspicabile che, come nel sesto libro della Repubblica di Platone, i politici siano un po’ filosofi: col termine, intendo che sappiano di materie specifiche, come ad esempio la cancelliera Merkel sa di fisica e il presidente Conte di giurisprudenza. Ciò facilita l’interazione fra politici e consulenti”. Quanto alla gestione dell’emergenza, spiega, “non mi ha sorpreso che in una fase iniziale i politici ascoltassero soprattutto i medici, i virologi, gli epidemiologi; è stata una scelta razionale regolarsi così al sorgere dell’emergenza. Altrettanto razionale però è capire abbastanza in fretta quando è tempo di iniziare ad ascoltare i clinici, più che i virologi, e gli economisti. In Italia c’è un rilevante problema culturale, secondo cui passa sovente in secondo piano la produzione di beni e servizi, quando invece è fondamentale far ripartire la produzione e in maniera efficiente”. L’emergenza dev’essere dunque la piattaforma sulla quale costruire dei progetti. “L’esempio più elementare è quello delle riunioni: se l’intervento a breve termine prevede forme di lavoro che funzionano con la distanza sociale, a lungo termine bisogna far passare l’idea che sia bene farne più online che di persona senza che si diffonda la paura che con ciò peggiori la qualità delle interazioni o cada la possibilità di firmare un contratto. Efficienza, produttività e crescita devono fare da contraltare alla tentazione di farsi prendere dall’ansia gioiosa di ascoltare i keynesiani de noantri”.

Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che, con Draghi alla guida della Bce, l’emergenza sarebbe stata gestita meglio dall’Unione Europea. Il prof. Puglisi non concorda: “Christine Lagarde ha sicuramente fatto un errore – non piccolo, ma neanche terribile – con la celebre gaffe sullo spread. A mio parere ha largamente compensato quest’errore nelle sue scelte successive, che sono state straordinarie. Da giurista, è fondamentale che si faccia consigliare in maniera efficiente dagli economisti, perché altrimenti rischia di non avere gli strumenti per decidere rapidamente sulla base di modelli economici; non sono solo i politici che hanno bisogno di consulenti tecnici, a volte anche chi ricopre un ruolo tecnico ha ne ha bisogno”.

Quanto al futuro dell’Europa, il prof. Puglisi ammette che non è semplice fare previsioni geopolitiche e stabilire se l’emergenza sarà, come alcuni credono, un acceleratore del confronto fra globalisti e sovranisti. “I sondaggi al momento dimostrano che uno dei temi forti del sovranismo, l’immigrazione, è passato in secondo piano, ma potrebbe tornare prepotentemente in caso di recrudescenza del Covid in Africa. Di sicuro, quest’emergenza consiglia una strategia politica moderata, ossia mettersi nei panni dell’elettore mediano: proporre soluzioni radicali – ad esempio, non aderire a un eventuale governo di unità nazionale – farebbe rischiare di finire in una ridotta che, magari, potrebbe contare anche su un 25% di voti ma rischia di compattare contro di sé il restante 75%, grossomodo com’è accaduto fra Macron e Marine Le Pen al ballottaggio delle ultime presidenziali francesi. Perdere l’elettore mediano implica perdere le elezioni. D’altro canto in una situazione d’emergenza, a meno che non diventi ancora più esplosiva, non sarebbe semplice proporre ai cittadini di chiudere le banche o uscire dall’euro, ad esempio: il cittadino ha bisogno di tranquillità, non di ulteriori scossoni in una situazione che è, se non terribile, molto difficile. Proust diceva che la più forte fra le forze è l’abitudine; anche in situazioni estreme come queste, i cittadini a medio termine si abituano a gestirle. Vale anche per l’economia”.

Riccardo Puglisi, ghisleriano dal 1993 e Premio Ghislieri 2015, è professore associato di Economia Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Pavia. Già visiting lecturer presso il Massachussets Institute of Technology di Boston e Marie Curie Fellow presso l’European Center for Advanced Research in Economics and Statistics di Bruxelles, nel 2016 ha conseguito il Premio Hicks-Tinbergen per il miglior paper pubblicato sul “Journal of the European Economic Association”. È redattore de La Voce ed editorialista per Corriere della Sera e Linkiesta; apprezzato opinionista in trasmissioni televisive di approfondimento politico, in particolar modo su La7, dispone di un blog e vanta un profilo Twitter di grande successo, che lo ha fatto inserire dal Corriere della Sera fra i docenti più influenti del web.