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Documentarsi, osservarsi, trasformare – La scrittura creativa secondo Gabriele Dadati
Dadati Gabriele - Baldini+Castoldi

Ha iniziato a tenere le prime lezioni di scrittura quando ancora era universitario, da studente del Ghislieri e promettente giovane narratore. Adesso il romanziere Gabriele Dadati, nostro Alunno dal 2002, torna in Collegio per un corso interno di scrittura creativa, riservato esclusivamente ai nostri studenti ma che ha avuto tante iscrizioni da rendere necessario raddoppiarlo: alla lezione del lunedì sera si è aggiunto un secondo turno ogni giovedì.

“Nel corso degli anni in cui ho insegnato scrittura”, racconta Dadati a Ghislieri.it, “ho creato legami amicali con persone che mi paiono appassionate e capaci, che in caso contrario non avrei incontrato. Non solo, ho visto più di una volta attivarsi dinamiche d’aula che sono risultate istruttive anche per me”.

Una questione molto dibattuta riguardo ai corsi di scrittura creativa è se essa possa effettivamente venire insegnata, e se invece non si debba lasciare briglia sciolta al talento. “Diciamo così”, commenta Dadati: “È possibile osservare, sotto il profilo strettamente tecnico, testi esistenti e ragionare sul loro funzionamento. Non per forza testi letterari eccellenti, tra l’altro: a volte, dal punto di vista didattico, vengono buoni anche testi i cui meccanismi sono fin troppo esibiti, proprio perché lo sono. Fatto questo, è buona cosa affinare la propria capacità di auto-osservarsi, insomma di spostare su di sé l’occhio allenato”.

Quanto al talento, continua, “preferisco parlare di predisposizione. Al di là della superficie del testo, può esserci o meno, poca o tanta, ma il testo si giova per forza di elementi tecnici. A volte per sbaragliarle, o magari con l’ambizione di portarle al limite, o più spesso ancora solo per usarle per bene. La tecnica però c’è sempre”.

L’obiettivo del corso – che durerà venti ore, esercitazioni comprese – è creare un laboratorio in cui capire come funzionano le storie e, capendo come funzionano, scoprire che ogni storia è una trasformazione: una situazione iniziale, apparentemente stabile, entra in crisi e cerca un nuovo equilibrio con la stessa fatica che si dura nella vita: “Le storie ci pacificano e ci consolano per questo”, commenta Dadati, “perché ci mostrano come le crisi possono essere superate”. Gli incontri si articoleranno su più temi correlati alla narrativa, dalla costruzione della scena al labor limae sulle idee, con uno spazio espressamente dimenticato all’effetto forse più difficile da ottenere, quello del dialogo.

“Un buon dialogo non ha parole vuote”, dice Dadati. “Una battuta non inizia ripetendo ciò che è stato appena detto, ad esempio. Inoltre, al contrario di quel che prevede la cortesia umana, un buon dialogo ha domande che rispondono a domande, creando una tensione. Inoltre un buon dialogo ha frasi cui non rispondono altre frasi, talvolta, ma gesti, silenzi, accadimenti. Insomma: se ogni storia è una trasformazione, un buon dialogo è il luogo di trasformazione del rapporto tra i personaggi coinvolti”.

Il fulcro però della scrittura, secondo Dadati, resta il lavoro dietro le quinte, ovvero la documentazione: “È incredibile quante cose non sappiamo, soprattutto quando crediamo di saperle”, spiega. All’importanza di documentarsi in profondo per risultare più efficaci sulla superficie della pagina – quello che Hemingway chiamava “il principio dell’iceberg” – il corso dedicherà la sua sezione forse più rilevante. “Se facciamo un’esperienza per la prima volta e poi ci ragioniamo a mente fredda, ci rendiamo più o meno sempre conto che a priori non saremmo mai riusciti a immaginarne la complessità”, conclude Dadati. “Per dire: a me, a settembre, è capitato di rompere la frizione dell’auto mentre vestito di tutto punto dovevo presentarmi, come testimone dello sposo, a un matrimonio a trenta chilometri da dove mi trovavo in quel momento. Ho dovuto compiere tutta una serie di azioni, di gran corsa, per farcela. Se mi riguardo indietro con onestà intellettuale, mi rendo conto che non sarei stato capace di immaginare con sufficiente meticolosità l’evento ‘rottura della frizione mentre devi correre a fare il testimone di nozze’, che pure si presta a essere una bellissima situazione narrativa. Eppure so cos’è un’auto, so cosa vuol dire subire un guasto, so cosa vuol dire temere di non farcela, eccetera. Le situazioni specifiche sono straordinariamente ricche e, poiché lo scrittore non può vivere tutto quanto – e deve risparmiarci la posa per cui ci racconta la sua vita –, è bene si renda conto che deve studiare, studiare, studiare”.

Gabriele Dadati è ghisleriano dal 2000, anno in cui ha pubblicato il suo primo libro: la raccolta di racconti Catene di smontaggio(Berti). Fra le sue opere successive, particolari elogi hanno riscosso Sorvegliato dai fantasmi(Pequod, 2005e poi Barbera, 2008), Il libro nero del mondo(Gaffi, 2009), Piccolo testamento(Laurana, 2011), seguiti dalla consacrazione con L’ultima notte di Antonio Canova(Baldini+Castoldi, 2018) e Nella pietra e nel sangue (Baldini+Castoldi, 2020), al quale Ghislieri.it ha dedicato una lettura approfondita: questo romanzo su Pier Delle Vigne è germinato infatti dalla ricerca di un altro Ghisleriano, Luca Fiorentini, compagno d’anno di Dadati. Sempre Baldini+Castoldi ha pubblicato il suo ultimo romanzo La modella di Klimt, che è stato candidato al Premio Strega. Il video integrale della presentazione è disponibile sul canale YouTube del Collegio Ghislieri.