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L’Hölderlin di Gianfranco Contini – Su “Studi Novecenteschi” gli inediti ritrovati al Collegio Ghislieri

Per Gianfranco Contini la traduzione era un “atto culturale di poetica”, che si fondava sulla “protesta contro l’imprigionamento in una linea melodica estranea all’attualità del gusto”. In questa luce vanno lette le sue versioni di alcune poesie di Friedrich Hölderlin, cui il filologo lavorò sin dalla gioventù tornandovi con insistenza in diversi decenni della propria vita. In questi giorni è stato pubblicato uno studio al riguardo del nostro Alunno dott. Matteo Cazzato, intitolato In margine a Contini traduttore di Hölderlin. Prime osservazioni su un manoscritto ritrovato (“Studi Novecenteschi”, anno XLVII, numero 100; l’uscita reca la data del 2020 ma è stata pubblicata nel maggio 2021).

“L’occasione per tornare a riflettere su questa vicenda ci viene offerta dal ritrovamento di testimonianze manoscritte inedite, che permettono di osservare un caso specifico e circoscritto ma illuminante per capire alcune delle linee di evoluzione delle traduzioni nel corso degli anni”, racconta Cazzato: le carte di Contini sono custodite nell’archivio del Collegio Ghislieri e risalgono al periodo che, dal 1934 al 1936, Contini trascorse come perfezionando a Parigi grazie a una borsa di studio concessagli grazie all’interessamento dell’allora Rettore del Collegio, Pietro Ciapessoni. “Si tratta di alcuni fogli scritti a mano con inchiostro nero, portano l’intestazione dell’Hotel du Quai Voltaire e sono allegati a una lettera inviata dal giovane Contini all’amico Fausto Ardigò, studente di Giurisprudenza e compagno di Collegio a Pavia”.

“Il poeta tedesco fu di sicuro per lo studioso un modello di stile, quello stile ermetico che il critico fece suo anche nei saggi”, spiega Cazzato. Nella prima metà del XX secolo, infatti, il poeta settecentesco venne mitizzato e letto in ottica spiritualizzata, secondo un’ottica poi invalsa in Italia soprattutto grazie alla mediazione di Leone Traverso. “Grazie a Traverso”, continua Cazzato, “negli anni Trenta Luzi e gli altri poeti fiorentini si avvicinarono sempre più a Hölderlin. E già nel 1933, anno della sua laurea, Contini pubblicò su ‘L’Italia Letteraria’ alcune traduzioni hölderliniane molto apprezzate da Ungaretti, che poi nel 1934 propose a Contini di allestire un volumetto con le sue traduzioni per la collana ‘Quaderni di Novissima’, dove era uscito anche Il sentimento del tempo”. Presso le librerie antiquarie si riesce tuttora a trovare il prezioso volumetto pubblicato da Einaudi il 13 ottobre 1982 e intitolato Alcune poesie di Hölderlin tradotte da Gianfranco Contini; un’edizione nella “Bianca” seguì nel 1987.

Contini entrò al Collegio Ghislieri nel 1929, classificandosi primo nel concorso di ammissione. Dopo aver discusso la laurea su Bonvesin della Riva, il giovane filologo perfezionando a Parigi poté coltivare ulteriormente lì l’interesse per Hölderlin, che si accrebbe quando ottenne un incarico a Firenze presso l’Accademia della Crusca. “E così il giovane Contini entrò in contatto coi fermenti culturali del nascente ermetismo, e contribuì col suo ruolo di mediatore della poesia hölderliniana”.

Le due poesie contenute nelle carte sono Del Fato Iperione (Hyperionis Schicksalslied) e Alle Parche (An Die Parzen). Lasciando ai lettori il piacere di scoprire dal saggio di “Studi Novecenteschi” i dettagli rivelatori del lavorio di Contini che si celano in questi versi provvisori, riproduciamo la versione ghisleriana della seconda poesia: Sola un’estate, regni, datemi, / e maturare un autunno il cantico; / del dolce giuoco il cor satollo, / poi volentieri la morte prenda. // Non qui, del diritto divino l’anima all’Erebo / frodata, trova la pace, o agl’inferi; / ma il sacro attributo che il cuore / tocca, il canto, già m’è caduto. // Te benvenuta, pace degl’inferi! / Son lieto dunque, sebbene l’opera / canora mi lasci; una volta / io vissi, pari a iddei, né più chieggio”.