Cleopatra, l’ultima sovrana della dinastia tolemaica, è la grande regina della quale forse abbiamo in mente l’immagine più chiara: una splendida Liz Taylor nel classico film di Mankiewicz (e oggi addirittura Gal Gadot, nota al grande pubblico soprattutto nel ruolo Wonder Woman); una donna forte ma vanitosa, amante del lusso e schiava dei sentimenti, avida e sanguinaria. Si tratta però di uno stereotipo. Nel suo Cleopatra appena pubblicato da Laterza, Livia Capponi – Professore associato di Storia antica all’Università di Pavia – smonta quest’immagine ricostruendo l’identità della regina di là dalla proverbiale seduttività e dall’aura di pericolosità costruitale attorno dalle fonti romane. Il video integrale della presentazione del suo libro al Collegio Ghislieri è disponibile sul nostro canale YouTube.
“Mi sono trovata in difficoltà quando ho dovuto produrre una sua biografia per Laterza”, racconta Livia Capponi, “perché ci sono tante Cleopatre, non solo per la sua identità poliforme ma anche per i diversi ritratti che emergono dalle fonti su di lei; quella che emerge dai papiri è una sovrana che promulga editti oculati e benefici, in contrasto con l’idea di un Egitto decadente come vorrebbero farci credere Strabone e Plutarco. Era una regina che si rivolgeva a un mosaico di popoli e civiltà, che doveva rivolgersi non solo agli egizi ma anche ai fenici e ai parti. Cleopatra si rivolge con tanti simboli diversi a popoli differenti, che erano però anche al centro delle ambizioni di conquista da parte di Roma: l’Egitto finisce dunque per avere una rilevanza strategica che non dipende esclusivamente dalle derrate e dalla ricchezza che Cleopatra ostenta, ma soprattutto dalla collocazione geopolitica dei suoi territori”.
Quando entra in scena nell’Antonio e Cleopatra di Shakespeare, la regina esordisce con una frase – lievemente petulante – in cui richiede al romano quanto la ami; e attorno a lei sulla scena si muove un complesso meccanismo di banchetti e libagioni alla sua salute, severamente stigmatizzati dall’austero Cesare. Questo perché, continua Livia Capponi, “le fonti di cui disponiamo sono le stesse su cui si sono basate le opere teatrali ma anche i film su Cleopatra: si tratta tuttavia di fonti che non colgono la sua molteplicità, o perché non la capiscono o perché non vogliono comprenderla. Ad esempio ritraggono Cleopatra come una donna capricciosa che banchettava e si ubriacava anche in situazioni tragiche, perfino alla vigilia di una battaglia, senza considerare che questi eccessi vanno letti come riconoscimento da parte sua del ruolo che l’alcol tradizionalmente ricopre nelle civiltà orientali come strumento di preparazione al combattimento”.
“Plutarco ci racconta che Cleopatra fu la prima della sua dinastia a imparare la lingua egiziana parlata dal proprio popolo; non solo, volle andare a rendere personalmente omaggio ai tempi di Menfi, Tebe, Luxor, sedi di dinastie sacerdotali con forte influenza politica”, continua. Il tentativo da parte di Cleopatra di mostrarsi come sovrana attenta alle tradizioni dei popoli su cui regnava trova il culmine in una sorta di auto-divinizzazione: “La regina stessa diede molto adito alla presentazione di sé stessa sotto forma di Iside, la dea che regolava il corso degli astri; si presentava come madre di Horus – il bambino divino vendicatore dell’uccisione del padre Osiride – per rivolgersi al pubblico, e non solo a quello egiziano. Dopo le Idi di marzo infatti il ruolo di un bambino vendicatore dell’uccisione di un padre divinizzato risulta sicuramente significativo anche per i romani”.
Perfino il suicidio di Cleopatra, evento ben presente all’immaginario collettivo grazie a una studiatissima liturgia della morte, potrebbe essere una messa in scena. “Secondo alcuni studiosi fu Ottaviano a diffondere l’immagine di Cleopatra con l’aspide al braccio, nonostante che il suicidio potesse essere avvenuto per ingestione di veleno. Non è detto tuttavia che quest’artificio non derivi da Cleopatra stessa, che potrebbe aver inscenato la morte per morso avvelenato allo scopo di ravvicinarsi ulteriormente, anche nel suicidio, a Iside, la dea del serpente. Questo gesto mirava senz’altro a salvaguardare la vita dei figli che aveva chiesto più volte a Ottaviano di risparmiare”, conclude Livia Capponi. Anche per questo è difficile individuare la vera Cleopatra fra le tante immagini che si sovrappongono velandola: “Per farlo, dobbiamo leggere i documenti, i papiri che testimoniano la sua politica economica: ne emerge una donna cauta, non una vamp, che mirava a ricreare un grande impero il cui centro non sarebbe sicuramente stato Roma. Se Cleopatra avesse vinto, avremmo avuto un Occidente diverso, che sarebbe stato in grado di dialogare meglio con la realtà mediorientale”.