“Mentre si credeva e si crede da moltissimi, per non dire pressoché tutti i sapienti, essere i contagi sostanze di un genere loro proprio, sono invece sostanze vive, specie parassiti animali o vegetali”: queste parole del 1826 sono di fatto il fulcro della scoperta con cui Agostino Bassi ha dato il proprio apporto decisivo allo sviluppo della biologia. Ne parla sul settimanale “Il Ticino” Francesco Sartori, già direttore dell’Orto Botanico di Pavia e docente presso la locale Università.
Bassi fu Alunno del Collegio Ghislieri ma, curiosamente, si iscrisse a Giurisprudenza; furono invece le lezioni di biologia tenute da Lazzaro Spallanzani, quelle di fisica tenute da Alessandro Volta, quelle di medicina tenute da Antonio Scarpa e dall’allora Rettore del Ghislieri, Giovanni Rasori, a farlo appassionare alle scienze naturali. Ciò nondimeno, Bassi si laureò in Legge e divenne avvocato; ma, proprietario terriero per eredità familiare, concentrò i propri interessi sul miglioramento della produttività delle coltivazioni, contribuendo all’avvio della moderna agricoltura.
“Ricercatore di razza”, spiega Sartori, “Bassi sperimenta, divulgando i risultati a mezzo stampa, innovative attività agricole: allevamento delle pecore Merinos, modalità di coltivazione della patata, produzione di formaggi di qualità e vinificazione, oltre che con l’uva, anche con ciliegie e arance”. Il suo apporto decisivo sta tuttavia nella soluzione di un flagello che, poco dopo la Restaurazione, si abbatté sulle colture europee danneggiando i commerci: “In tutta l’Europa del tempo, una malattia del baco da seta, detta ‘mal del calcino’ compromette la produzione del prezioso filo. L’origine della malattia è ignota. Qualificati scienziati ipotizzano varie cause, senza approdare a un rimedio. Bassi inizia a studiare il morbo in un laboratorio domestico da lui allestito con modeste risorse disponibili. Nei primi anni di studio cerca una conferma sperimentale delle cause che la scienza del tempo ritiene provochino la malattia: sostanze tossiche, errata tecnica di allevamento, sfavorevoli condizioni atmosferiche o climatiche, e così via. Accortosi di essersi cacciato in un vicolo cieco, ha il coraggio di ipotizzare e successivamente provare scientificamente l’esistenza di un microorganismo patogeno come causa della malattia”.
Ci vorrà quasi un ventennio perché il mondo accademico accolga le conclusioni a cui Bassi era giunto, grazie al direttore dell’orto botanico Giuseppe Moretti, che nel 1834 riconosce la validità della scoperta. Non solo: “Bassi, oltre a scoprire la causa della malattia, detta anche le norme per combatterla con successo. Nei suoi libri illustra come si diffonde il fungo microscopico causa della malattia e raccomanda, per contenere il diffondersi dell’infezione, la sterilizzazione di mani e oggetti. Le sue pubblicazioni, tradotte nelle principali lingue e apprezzate da ricercatori francesi, tedeschi e svizzeri, non hanno come fine la carriera accademica, ma il miglioramento della condizione della povera comunità contadina del tempo, che aveva nell’allevamento del baco da seta una risorsa economica importante”. Sartori conclude argomentando che “i rigorosi e innovativi metodi di indagine scientifica messi a punto da Bassi nelle sue magistrali ricerche sul baco da seta serviranno come base per i ricercatori che sconfiggeranno gravi malattie infettive dell’uomo provocate da microrganismi, come batteri e virus. Inoltre, le raccomandazioni formulate da Bassi per prevenire il contagio, quali la sterilizzazione, il lavarsi le mani e il distanziamento, sono attualmente confermate come principale metodo per la prevenzione del drammatico contagio da Coronavirus”.
Al contributo del Collegio Ghislieri e dei suoi Alunni al progresso scientifico nella lotta ai contagi sono dedicate la videolezione di Paolo Mazzarello, ordinario di Storia della Medicina presso l’Università degli Studi di Pavia, e un’intervista a Giulia Delogu, ricercatrice in Storia presso l’Università “Ca’ Foscari” di Venezia.