Ritratti ghisleriani – Alfredo Corti, l’alpinista partigiano

“Da mio padre fui educato fin dall’infanzia all’ammirazione e al godimento della montagna; gite pur brevi, di importanza del tutto limitata, erano così preparate che il mio animo puerile ne era preso dal desiderio; le conversazioni, quella stretta intimità sorgente nelle molte ore di cammino, lasciavano in me qualcosa di così forte e di così dolce he quelle giterelle più remote mi tornano sovente con gran desiderio alla mente. Ma quando arrivai a contatto con l’alta montagna, quella dei grandi ghiacciai e delle grandi creste, delle luci e delle ombre senza pari, dove ogni fenomeno colpisce non si sa se per novità o per le proporzioni, le mie tendenze si fissarono per l’alpinismo puro, per il godimento complesso e completo della montagna, senza preferenza di una delle infinite sue beltà”.

Così scriveva nel 1914 Alfredo Corti, in un contributo destinato ai Saggi sulla psicologia dell’alpinista di Aldofo Hess, che furono pubblicati da Lattes. All’epoca Corti era trentaquattrenne; dopo avere lasciato la nativa Tresivio per gli studi in Ghislieri e poi per l’attività accademica prima a Parma e poi a Bologna si trova alla vigilia del matrimonio con Helen Ruth Hamilton, infermiera britannica che, impossibilitata dallo scoppio della Grande guerra a tornare in Scozia, era stata accolta da amici comuni nella casa delle vacanze in Valmalenco. Pare che, per conquistarla, Corti le avesse domandato: “Cosa ne direbbe, signorina, se invece di occuparsi di tutti i suoi pazienti si occupasse di uno solo, che sarei io?”.

La vita di Corti si sviluppa lungo una direttrice che egli stesso ritrasse in un colloquio del 1945 con Ivanoe Bonomi, Presidente del Consiglio pro tempore, dicendogli che solo la montagna e l’università gli erano congeniali. A entrambe dedicò un impegno ammirevole. Allievo di Camillo Golgi, ottenne nel 1906 la libera docenza di Anatomia comprata a Parma, trasferendosi tre anni dopo a Bologna e quindi a Torino, dove divenne Professore associato nel 1925 e ordinario nel 1928, nonostante che il suo nome circolasse in una lista di docenti antifascisti finita sulla scrivania del prefetto, ciò che gli costò lo scotto di essere messo sotto controllo dall’Ovra. Nel 1941 Corti venne arrestato a Bologna, dove si era rifugiato, venendo spedito al confino a Sala Consilina, presso Salerno. Da lì Corti riuscì a fuggire nel luglio del 1942, abbracciando la lotta partigiana.

Sono, quelli della resistenza, mesi di cui Corti – solitamente prodigo di racconti autobiografici stesi con penna serena e introspettiva – non ha praticamente lasciato testimonianze, a riprova di quanto duri devono essere stati. Ormai sessantaquattrenne, Corti aderì al movimento partigiano di Cogne sostenendo e incoraggiando i giovani resistenti, fra i quali i suoi figli Nello e Marco, ma anche un più attempato Renato Chabod. A Corti furono affidati incarichi in linea con la sua esperienza e la sua equanimità, a cominciare dalla presidenza della corte in un processo del CLN contro un militante della Repubblica di Salò accusato di efferatezze. Con Corti, e anche grazie a lui, Cogne poté dotarsi di una struttura politico-sociale pressoché autonoma e completamente funzionante, non solo nell’organizzazione della vita civile e nell’indizione di un servizio di guardacaccia per salvaguardare gli stambecchi del Gran Paradiso, ma addirittura con la pubblicazione del quotidiano Il Garibaldino, affisso ogni giorno sui muri del paese.

La medesima dedizione dimostrò alla montagna. Autore di guide alpinistiche, direttore dal 1926 al 1928 della Biblioteca Nazionale del CAI, presidente del gruppo occidentale del Club Alpino Accademico Italiano fino al 1960, direttore del Museo Nazionale della Montagna dal 1957 al 1961, Alfredo Corti ha lasciato testimonianza di quasi cento fra arrampicate, traversate e discese: la prima, a dieci anni col padre, è stata l’ascesa della Corna Mara, cima di 2800 metri di altitudine posta quasi a sentinella di Sondrio; l’ultima, nel 1951, è stata la salita al monte Bianco per la cresta dell’Innominata. A settantuno anni.

Non fu minore l’affetto che conservò per il Ghislieri, per il quale fu anche presidente dell’Associazione Alunni con mandato dal 1950 al 1953. Suo padre era stato Alunno del Collegio e anche lui volle immatricolarsi, nel 1899, per gli studi in medicina. “Un giorno mi è accaduto”, raccontava, “in una camera non mia, in decretato catafalcatur, di rovesciare una sedia trovandovi sul fondo del sedile a grossi caratteri di inchiostro il nome di Linneo Corti e di due compagni collegati nello studio, nella preparazione dell’esame di Anatomia”.

E ancora: “Memorabili due partenze dal Ghislieri per le vacanze estive: eravamo riusciti a possedere due piccozze e ad acquistare dai cordai del Ticino una lunghissima e pesante fune. Due settimane di accorate limitazioni della lauta mensa papale ci avevan fatto avere provviste, fra altre due enormi stanghe di salame che sporgevano da uno dei sacchi ponderosi. Con clamorosi saluti dagli scalini del Collegio partimmo per le valli bergamasche e, molto soffiando a interrompere i mai stanchi nostri conversari, andammo a peregrinare per una settimana su le Alpi Orobie prima di calarci nella nostra valle, alle nostre case”.

A Pavia, e agli anni del Ghislieri, risale infine la capacità di estendere il proprio interesse scientifico sui più disparati rami della ricerca: dalla citologia alla morfologia comparata dei vertebrati, dall’acarologia all’entomologia, dalla botanica alla storia della biologia, sempre esortando i propri studenti ad attenersi “con scrupolo alla misura concreta e corretta dei fatti sicuri e inoppugnabili, senza nulla concedere ma quasi, anzi, arginare con la precisione di tale metodo la fiamma delle esaltazioni retoriche”. Quelle stesse esaltazioni che furono del tutto aliene all’espressione della sua dirittura morale, incrollabile ma ridotta a un nocciolo pragmatico che gli ha fornito – nella vita come nell’azione politica – una bussola etica indefettibile: “Di tutti gli atti e di tutti i fatti di cui si intesse la Storia, una sola e indiscutibile è la possibilità di giudizio, quella che viene dai risultati, dalle conseguenze”. Alfredo Corti morì a Roma il 7 luglio 1973.

La fonte di questa pagina è la splendida biografia Alfredo Corti. Dall’alpinismo alla lotta partigiana, scritta da Raffaele Occhi e pubblicata 2018 dall’editore Beno con grande cura grafica, traduzione inglese a fronte, ampi apparati biobibliografici e una vastissima e affascinante selezione di immagini. Le ultime puntate dei Ritratti ghisleriani sono state dedicate a Ezio Vanoni, Domenico Frassi, Luigi Credaro, Ferruccio Ghinaglia, Cesare Correnti ed Enrico Misley.