
Si parla molto in questi giorni di possibili test sierologici che consentirebbero di verificare quanta parte della popolazione ha contratto il Covid-19 in forma asintomatica, verificandone la risposta immunitaria e derivandone un’idea più complessiva della diffusione della malattia. Fra gli istituti che hanno intrapreso questi tentativi segnaliamo anche l’Unité d’épidémiologie populationelle degli Hôpitaux Universitaires di Ginevra, la cui responsabile è la nostra Alunna, dott. Silvia Stringhini.
Il piano dell’istituto ginevrino è di testare, nel giro di due mesi, all’incirca cinquemila persone per determinare la loro risposta immunitaria al Coronavirus. I soggetti sono stati selezionati come campione rappresentativo della popolazione ginevrina, nella speranza di ottenere un quadro quanto più fedele della diffusione del contagio e, soprattutto, dello sviluppo dell’immunità.
“Si sa che ci sono persone che sono entrate a contatto con la malattia ma sono rimaste asintomatiche” – ha spiegato la dott. Stringhini in un’intervista a una tv ginevrina – “e si sa che ci sono altre persone che non hanno avuto modo di venire testate riguardo alla presenza della malattia, poiché non rientravano nei prerequisiti necessari per i tamponi. Di conseguenza, al momento non è possibile sapere quante persone abbiano contratto la malattia né, quindi, quante persone abbiano sviluppato degli anticorpi contro il Coronavirus”.
Nel corso dell’intervista, la dott. Stringhini insiste sugli aspetti sociologici del piano dell’ospedale ginevrino, indicando che l’obiettivo dello studio è comprendere la diffusione della malattia “in base alla distribuzione demografica: a quale età, in che fascia della popolazione, in che zona di Ginevra”. Tale attenzione deriva dal fatto che, pur venendo dispiegata in ambito sanitario, la formazione della dott. Stringhini è iniziata nel settore socioeconomico, con la laurea in Economia a Pavia. I suoi studi hanno poi mirato a una fusione fra questi due campi, indagando il contesto sociale di diffusione di malattie ed epidemie; le sue numerose pubblicazioni scientifiche vertono infatti soprattutto sulle conseguenze biomediche dello status economico, con particolare attenzione alla rilevanza delle ineguaglianze sociali nella diffusione delle malattie croniche e ai fattori sociali che determinano lo scarto fra la salute degli abitanti di nazioni ad alto, a medio e a basso reddito.
Anche per questo il piano dell’Unité d’épidémiologie populationelle non è di comunicare immediatamente il risultato dei test sierologici ai singoli pazienti, per quanto essi possano essere disponibili nel giro di brevissimo tempo. I pazienti hanno infatti acconsentito a che i risultati individuali non vengano comunicati loro fino alla fine dello studio nel complesso, il cui scopo non è individuare le singole immunità né concedere velleitarie patenti bensì determinare, con la massima precisione possibile, il tasso d’immunità della popolazione così da poter iniziare il déconfinement. Unitamente alla parte biomedica della ricerca – volta a misurare la durata dell’efficacia degli anticorpi di chi ha già contratto il virus – questo studio sarà fondamentale per rilevare nella comunità ginevrina l’effettiva necessità di confinamento e soprattutto di predisporre accuratamente il suo termine allo scopo di poter garantire ai cittadini la ripresa di una vita normale.
Silvia Stringhini è ghisleriana dal 2001. Detiene un PhD in Epidemiologia e Salute Pubblica conseguito in cotutela fra l’Université Paris-Sud e l’University College London; la sua formazione tuttavia è iniziata fuori dal campo medico-biologico, con una laurea magistrale in Economia Internazionale a Pavia cui ha fatto seguito un master in Global Health presso il Trinity College di Dublino. Fra le sue ultime pubblicazioni segnaliamo, per gli “Annals of Internal Medicine” (2018), lo studio The shift from heart desease to cancer as the leading cause of death in high-income countries, condotto assieme a Idris Guessous.