In Giappone per studiare la gestione della diversità culturale – L’esperienza di Beniamino Peruzzi

Dopo la laurea in Ghislieri, Beniamino Peruzzi si trova adesso in Giappone, a Tokyo, dove sta conducendo l’ultimo anno del suo dottorato in Transnational Governance (Classe di Scienze Politiche e Sociali), in partenariato tra Scuola Normale Superiore e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

“La mia ricerca si concentra su modelli teorici e pratici di governance della diversità culturale nelle città, sia nel contesto europeo sia in quello dell’Asia Orientale: non solo il Giappone ma anche la Corea del Sud e Singapore”, spiega a Ghislieri.it. “Più nello specifico, da un lato sto studiando il dibattito contemporaneo relativo alla gestione della diversità culturale; dall’altro, attraverso delle ricerche sul campo, sto conducendo un lavoro di analisi su sviluppo e implementazione di pratiche di governance nelle città”.

Entrato in Ghislieri nel 2013, il dott. Peruzzi si è laureato in Filosofia, intraprendendo i primi passi in un percorso che l’ha portato così lontano. Racconta: “All’ultimo anno di liceo ero estremamente indeciso su quale strada intraprendere: i miei interessi mi tenevano sospeso tra varie materie umanistiche e le scienze sociali. È stata proprio la mia esperienza in Collegio a farmi capire che è possibile non limitare la propria curiosità e coltivare vari interessi senza rinunce. Il Ghislieri mi ha aperto gli occhi e gli orizzonti sulla possibilità di una formazione interdisciplinare, che continua tuttora nel mio percorso di dottorato. Sotto questo aspetto, a maggior ragione sono state preziosissime le varie esperienze formative che il Ghislieri mi ha garantito non solo in Italia ma anche all’estero”.

“Per portare avanti la mia ricerca sul campo nel contesto giapponese”, continua, “e allo stesso tempo per accedere a letteratura e contatti che non sono disponibili nel contesto occidentale, ho ottenuto di svolgere un progetto di ricerca di sei mesi presso l’Università Imperiale di Tokyo”. Il soggiorno del dott. Peruzzi – come già per altri nostri Alunni – è finanziato grazie alla Ermenegildo Zegna Founder’s Scholarship, che finanzia periodi di ricerca oltreconfine di alcuni fra i migliori laureandi e neolaureati d’Italia. “Questa lunga trasferta ha per obiettivo quello di studiare come vengano concettualizzati e implementati modelli di governance della diversità culturale in Giappone e Corea del Sud.

“Più nello specifico, la mia ricerca prevede anzitutto di tracciare una panoramica sul framework normativo e politico di regolazione della diversità culturale nei due paesi, con particolare attenzione alle politiche e alla legislazione relative alla protezione delle minoranze culturali e alla promozione dell’inclusione sociale. Analizzerò poi le pratiche di implementazione di governance della diversità culturale in quattro città: due in Giappone, Hamamatsu e Kobe; due in Corea del Sud, Ansan e Guro-gu. Si tratta infatti delle prime città di queste due nazioni che abbiano espressamente posto il tema della governance della diversità culturale al centro dell’agenda politica: non solo, sono le uniche città del contesto asiatico-orientale a essere entrate a far parte dell’Intercultural Cities Programme (ICC), il più importante network internazionale di città impegnate a promuovere e a sostenere politiche e pratiche interculturali. Questa parte di ricerca sarà condotta tramite interviste a rappresentanti politici, istituzionali, e della società civile.

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A spingere il dott. Peruzzi a Tokyo è stata proprio la curiosità che gli anni al Collegio Ghislieri hanno aiutato a germinare. “Una delle principali ragioni che mi hanno fatto includere il Giappone nelle mie ricerche è che, in Occidente, di solito si conosce ben poco di quel che accade da questa parte del mondo”, conclude. “Oltre a rappresentare una lacuna negli studi accademici, ciò significa che è molto facile che, a livello individuale, costruire stereotipi su come siano (o non siano) i giapponesi. Anch’io, quando sono arrivato a Tokyo in aprile, ero accompagnato dai miei pregiudizi più o meno inconsapevoli e, nelle prime settimane, in continuazione notavo piccoli dettagli nel comportamento delle altre persone e nelle scene di vita quotidiana, senza poter fare a meno di pensare che fossero ‘proprio giapponesi’, nel senso di ‘proprio strani’. La verità è che (soprattutto se ci si prende la briga di imparare la lingua e di frequentare gli abitanti locali, anziché rinchiudersi nei gruppi di studenti internazionali) presto ci si abitua a tante delle cosiddette ‘stranezze’ culturali e, all’improvviso, sono quelle abitudini che qui vengono viste come ‘proprio italiane’ a sembrare molto strane. Rimangono ovviamente alcune differenze cui un italiano difficilmente potrà abituarsi fino in fondo, come il diffuso perfezionismo riguardo alla puntualità, l’onnipresenza della burocrazia e delle sue puntigliose procedure, le formalità e i momenti di silenzio (che in Italia etichetteremmo sicuramente come ‘momenti di disagio’) durante le occasioni di convivialità. Sicuramente il Giappone è un Paese che, molto più di tanti altri, porta a interrogarsi molto sulla propria identità, e a questo si accompagna la preziosa occasione di maturare una maggiore consapevolezza sulla complessità del mondo e dei suoi abitanti. Mi auguro davvero che sempre più persone abbiano l’opportunità di venire a conoscere questa interessante parte del mondo e, almeno per un attimo, a mettere in discussione le proprie abitudini e i propri schemi mentali”.