Aggiungere l’esperienza diretta alla teoria scientifica – I corsi di Medicina pratica del Collegio Ghislieri

A partire da quest’anno accademico, c’è anche un corso di primo soccorso nel carnet offerto dal Collegio Ghislieri ai propri studenti per il settore della Medicina pratica, affidato ad Alessandro Dacrema, giovane medico specialista in Medicina interna, Dirigente medico presso la U.O. di Pronto Soccorso, OBI e Medicina d’urgenza dell’Ospedale “Guglielmo da Saliceto” di Piacenza. “Si tratta di una importante novità rispetto a quel che io e gli studenti facciamo”, spiega il dott. Dacrema a Ghislieri.it: “Volutamente dico ‘facciamo’ perché il corso di Medicina pratica, nelle sue sfaccettature, non consta di lezioni frontali vere e proprie ma dialoghi in cui condividiamo le conoscenze in ambito medico. L’esperienza professionale mi pone in una posizione di vantaggio ma i ragazzi, freschi di uno studio attento e consapevole, talora ricordano e condividono dettagli che io non sarei in grado di giustificare. L’interazione tra il docente e gli studenti è la parte più arricchente del corso, perché col confronto si individuano questioni, dubbi, mancanze”.

Il corso – rivolto ai soli studenti del Collegio Ghislieri iscritti a corsi di laurea biomediche – è volto a consentire loro di declinare le proprie conoscenze nella pratica clinica, tramite l’interpretazione di situazioni che vengono man mano sottoposte. “Ad esempio”, continua il dott. Dacrema, “nella parte dedicata all’interpretazione dei casi clinici, chiedo agli studenti di immedesimarsi nella situazione di dover valutare un paziente, come se fossero i responsabili di un ambulatorio medico, con tutta la diagnostica strumentale che vi può essere a disposizione. A partire dall’interrogazione ed alla visita del paziente, si cerca di costruire un percorso che possa condurre alla richiesta degli esami necessari, alla formulazione di un’ipotesi diagnostica e alla somministrazione della terapia necessaria”. Agli studenti vengono presentati casi clinici reali, naturalmente preservando la privacy: possono così leggere l’esito degli esami richiesti e quindi ragionare concretamente sui risultati delle loro decisioni.

“Proprio per rispettare la vocazione pratica del corso”, racconta ancora, “le nozioni teoriche sono ridotte al minimo; tuttavia tutto ciò di cui si discute è basato su principi scientifici. Quando chiedo agli studenti di prendere le decisioni necessarie, è sempre richiesta loro una motivazione fondata su evidenze scientifiche. Nel corso di Ecografia di base gli studenti vengono introdotti all’ecografia multidistrettuale, una pratica clinica dedicata in particolare allo studio del distretto toracico, cardiaco e addominale che influisce in modo rilevante sui processi decisionali, con l’enorme vantaggio di poter essere eseguita al letto mentre si dialoga col paziente. È uno strumento che è divenuto parte integrante della visita”.

La grande novità è il corso di primo soccorso; nel 2018 il dott. Dacrema è asceso agli onori delle cronache per aver salvato la vita a un infartuato soccorrendolo in strada, nel piacentino, e praticandogli prontamente il massaggio cardiaco. Agli studenti del Ghislieri trasmette lo stesso tipo di prontezza: “Grazie a un manichino e un defibrillatore semiautomatico adattato per le simulazioni, gli studenti possono esercitarsi nel massaggio cardiaco e all’uso del defibrillatore in prima persona. Anche in questo caso, le nozioni teoriche sono discusse durante simulazioni pratiche che prendono spunto da casi clinici reali. L’obiettivo finale del coso è rendere gli studenti autonomi nelle manovre di supporto di base delle funzioni vitali, affinché sappiano come comportarsi in caso di emergenza”.

La rilevanza – e in fondo la difficoltà – dei corsi di Medicina pratica sorge dal fatto che, illustra il dott. Dacrema, “la traduzione della teoria in pratica è uno degli aspetti più difficili del lavoro; credo sia il nodo della questione, la sintesi dell’essere un medico e non uno studente di medicina. La medicina è una materia pratica che influenza concretamente la vita delle persone; per definizione è un’arte e una scienza e, come tale, può essere complessa come complessa è la vita, non sempre intelligibile o categorizzabile. La scienza si può apprendere ma ci sono svariate cose che non possono essere spiegate attraverso rigide leggi scientifiche: ad esempio, la costruzione di un rapporto col paziente fondato sulla fiducia e il carico emotivo che comporta.

“Il processo di formazione del medico non può riguardare esclusivamente gli aspetti culturali: bisogna imparare a mettersi in discussione sul piano personale. In una parte del corso, discutendo dei casi clinici, affrontiamo proprio gli aspetti pratici dell’inquadramento clinico, e non si può prescindere dal raccontare le singole storie dei pazienti e le difficoltà che si incontrano. Agli studenti ripeto di non scoraggiarsi se in alcuni momenti ci si sente inadeguati; e, secondariamente, che la crescita e la formazione sono frutto di un moto interiore. Se si aspira a crescere e a migliorare, allora si possono ottenere i risultati sperati”.

La complessità del mestiere del medico nei suoi risvolti pratici e umani, già conclamata, è cresciuta esponenzialmente in tempo di pandemia. “Il Covid è stata una deflagrazione”, conferma il dott. Dacrema. “Ci ha colti inermi come l’esplosione di una granata: non c’è stato il tempo di organizzarsi perché l’esplosione era già in atto. La scienza è uno strumento potente nelle mani dell’uomo ma non è perfetto: è perfettibile, ma in tempi lunghi, attraverso processi complessi e costosi sia in termini economici sia umani. L’uomo vive e la scienza opera nel contesto delle leggi naturali, a cui non si può far altro che sottostare; questo è ci che la pandemia ci sta insegnando. Probabilmente avevamo dimenticato che l’uomo fosse parte della natura e che il tentativo di governarla era un’illusione figlia dell’agio in cui viviamo, nonché della grande considerazione che abbiamo di noi stessi. L’uomo e la scienza però non possono tutto e bisogna avere un atteggiamento umile, adattandosi a controllare i pericoli che la pandemia comporta; la scienza e la medicina, consentendo la comprensione delle leggi naturali, possono fornire gli strumenti necessari per creare nuovi equilibri e dare opportunità concrete all’umanità per vivere in salute”.

“Non abbiamo scoperto cure miracolose, non è stato inventato un farmaco risolutivo, né mi aspetto che la sanità pubblica possa avvalersi di risorse ingenti a lungo termine, data la situazione economica e demografica in Italia”, conclude. “Spero tuttavia che tutti noi abbiamo compreso il valore degli strumenti che avevamo e abbiamo a disposizione: i vaccini come mezzo di prevenzione; il sistema sanitario che, in un momento di estrema difficoltà, ha retto all’urto garantendo le migliori cure possibili a tutti; l’umanità intesa come solidarietà e responsabilità tra le persone. Mi auguro che l’uomo possa considerare con maggiore autocritica il proprio ruolo nel contesto delle leggi naturali, comportarsi con più rispetto nei confronti della natura e delle altre persone, e rendersi conto che responsabilità e senso civico faranno la differenza nei prossimi anni”.