Letture ghisleriane – 1656: Il Collegio Ghislieri di Roma

Il Collegio Ghislieri ha avuto per tre secoli un gemello, almeno nel nome, che tuttavia, per la minore rilevanza culturale e per la fondazione posticipata di quasi un secolo, è sempre stato percepito come cadetto; come, per così dire, “l’altro” Collegio Ghislieri. “Non si dee confondere con quello istituito da s. Pio V”, ammonisce infatti in apertura della voce “Collegio Ghislieri” l’autore del Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (Venezia, 1842), il cavaliere romano Gaetano Moroni. Dopo avere brevemente ricapitolato la storia della fondazione del Collegio pavese, illustra più nello specifico: “Nella strada Giulia presso la chiesa dello Spirito Santo, ed il palazzo Ricci, v’ha il Collegio Ghislieri, fondato da Giuseppe Ghislieri romano, celebre dottore in medicina del quale prese il suo nome. Tuttora esso fiorisce per ottima educazione, e pegli studi che egregiamente gli alunni si apprendono nel Collegio romano”. Gli equivoci fra i due Collegi omonimi erano, a leggere il Moroni, intricati al punto da stravolgere la cronologia. “Va qui notato non esser vero, come alcuni dicono, che Giuseppe Ghislieri fosse medico di S. Pio V, non solo per la contraddizione de’ tempi, ma anco perché il diligentissimo Marini niuna menzione ne fa ne’ suoi Archiatri Pontificii”.  

Singolarissima è ancora la storia della fondazione del Collegio di Roma. Giuseppe Ghislieri, originariamente, dispose che la propria casa venisse lasciata in eredità come abitazione per sei vedove indigenti scelte dall’arciconfraternita del Santissimo Salvatore. È la “Casa detta Santa delle vedove Ghisliere”, che secondo alcune versioni della storia era ubicata vicino alla chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, alle porte del Ghetto, secondo altre versioni nella Torre del Grillo (sì, proprio quella addossata al palazzo del marchese reso immortale da Alberto Sordi). Il Collegio che portasse il nome del suo casato era stato successivamente fondato da Giuseppe Ghislieri come completamento di quest’opera pia, di nuovo mettendo a disposizione una propria dimora. “La fondazione ebbe luogo nel 1630”, scrive ancora il Moroni, “ed ebbe effetto dal 1656 regnando Alessandro VII, Chigi, nella casa del fondatore in piazza Nicosia, donde fu poi trasportato in via Giulia. Il Collegio venne posto sotto la protezione dei duchi Salviati pro tempore, e sotto il governo de’ guardiani, e superiori di Sancta Sanctorum, cioè del SS. Salvatore alle Scale Sante”.

Prima di trovar sede definitiva in via Giulia nel 1670, tuttavia, altre fonti riferiscono che il Collegio avesse trovato sistemazioni provvisorie in via delle Botteghe Oscure, poi al Palazzo Pamphilj in via del Tritone, quindi in via della Lupa, vagando insomma di palazzo in palazzo per alcune delle strade più significative di Roma.

Quanto alla accolita degli alunni, Giuseppe Ghislieri pose come condizione che fossero ventiquattro ragazzi, “dello stato pontificio, di nobili caduti in bassa fortuna, e che dovessero rimanere nel Collegio per cinque anni, escludendo quelli, che passavano l’età d’anni diciotto, e quelli che non fossero arrivati allo studio dell’umanità, lasciando però ognuno in libertà di abbracciare il proprio stato, secondo l’individuale vocazione”. Di questi ventiquattro alunni, sei venivano nominati per posti gratuiti; è significativo che, di questi posti gratuiti, uno era “a disposizione del popolo romano, cioè dei conservatori di Roma pro tempore”, mentre un’altra nomina spettava al ramo Ghislieri di Bosco Marengo. “Anticamente”, conclude un po’ sbrigativamente il Moroni, “gli alunni vestivano di abito nero sotto le ginocchia, e sopra esso portavano una sopravveste talare egualmente nera, della forma di quella degli altri Collegi. Da questo Collegio uscirono rispettabili prelati, Cardinali, e altri personaggi che si distinsero per virtù, dottrina e belle doti”.

Il Collegio sopravvisse fino al fascismo: nel 1918 smise di accogliere studenti (incrementati nei secoli fino al numero di trentotto), mentre nel 1927 il palazzo fu liquidato e, con i proventi, furono finanziate borse di studio per gli studenti rimasti così senza alloggio. Il ricordo tuttavia di uno degli ultimi alunni del Collegio di Roma, il giurista Augusto Cartoni, consente di avere un quadro – certo un po’ retorico, ma non per questo meno sentito – della vita collegiale negli ultimi anni della storia dell’altro Ghislieri, così diverso dall’originale.

“Le camerate occupavano i due piani dello stabile”, racconta il Cartoni. “Al primo era quella dei grandi; quelle dei mezzani e dei piccoli, erano al secondo. Le finestre delle camerate dei grandi e dei piccoli guardavano sul cortile, una grande, sul Gianicolo; quelle dei mezzani, davano invece sulla Via Giulia; e mentre i piccoli dormivano in un unico camerone, mezzani e grandi avevano delle camerette, chiuse, al di sopra, da una rete metallica e davanti da una parete di legno fatta a persiana. Il prefetto teneva la chiave di queste porte e la mattina, al primo squillo della campana, apriva, spalancava la porta con il ‘Deo gratias. Benedicamus Domino’. Si doveva rispondere ‘Deo gratias’. Il più delle volte si fingeva di dormire per guadagnare ancora un minuto di tepore. Allora il prefetto, compiuto il giro, tornava presso il finto insonnolito e, scuotendo la spalliera del letto, lo costringeva ad alzarsi”.

Il racconto del Cartoni procede con la descrizione di sveglie alle 5:30, acqua gelida nelle tubature, geloni e studio antelucano, passeggiate fuori porta. Dalle sue pagine emerge il quadro di un Collegio del tutto difforme non solo nelle infrastrutture, evidentemente; non solo nell’età e nel grado dei suoi studenti ma anche nei modi, nei valori, nello scopo e, non ultimo, nell’impronta ecclesiastica mantenuta fino all’ultimo. Una cosa però appare familiare agli occhi ghisleriani ed è il sentimento del legame degli ex alunni col rispettivo Collegio. Il Collegio Ghislieri di Roma cessò di esistere nel 1939, venendo demolito e di fatto incorporato nel Virgilio, il celebre liceo classico; Augusto Cartoni ci passa davanti attraversando via Giulia e scrive: “Ma il mio Collegio, il nobile Collegio Ghislieri, si è chiuso e di lui resta solo il ricordo di noi, ex alunni che vi passammo, inconsapevolmente, i giorni lieti della giovinezza”.  

Le notizie sul Collegio Ghislieri di Roma, disponibili su varie fonti, sono tratte dal quattordicesimo volume del Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica compilato da Gaetano Moroni (Venezia, 1842); se ne parla tuttavia anche altrove, come in Guide rionali di Roma di Carlo Pietrangeli (Roma, 1979) che pare essere una delle fonti più recenti. I ricordi di Augusto Cartoni hanno una collocazione illustre: derivano infatti dall’edizione 1944 della Strenna dei romanisti, la pubblicazione del Gruppo dei Romanisti che, da ottant’anni, viene regolarmente pubblicata ogni anno in occasione dei natali di Roma, il 21 aprile, e la cui prima copia viene tradizionalmente portata in Campidoglio per essere offerta al Sindaco di Roma. Precedenti puntate di “Letture ghisleriane” sono state dedicate alla Liberazione del Collegio dai soldati tedeschi nel 1945, alle prime conseguenze degli episodi di rivolta in Collegio a fine Ottocento e al tentativo da parte degli Alunni in corso di trasformare il posto in Collegio in fruizione di una borsa di studio nel 1890, ai ricordi del concorso di ammissione nel 1947 e ai valori storici del Collegio in un breve scritto di Pietro Ciapessoni.