
Il fondatore del Collegio Ghislieri, papa Pio V, è un personaggio chiave della storia d’Europa – alla sua iniziativa si deve la decisiva battaglia di Lepanto (1571) – e per questo appare abitualmente in studi, saggi e manuali. È assai più raro che appaia nei romanzi, ma a sorpresa lo ritroviamo fra i personaggi di una novità francese di narrativa: Civilizzazioni di Laurent Binet, appena tradotto da La Nave di Teseo.
È un’apparizione di assoluto prestigio, benché ammantata di colta ironia. Binet è un autore giovane ma espertissimo, avendo vinto dieci anni fa il Premio Goncourt opera prima con il romanzo HHhH (pubblicato in Italia da Einaudi); il successivo La settima funzione del linguaggio (La Nave di Teseo) è un brillante omaggio narrativo a Umberto Eco, un giallo ambientato fra i semiologi, non immune dalla prospettiva interna al mondo accademico che Binet ha ricavato dalla propria esperienza di ricercatore e docente in università parigine ed estere.
Civilizzazioni ha vinto il Gran Prix du roman de l’Académie Française, cosa che fa succedere Binet a nomi del calibro di Bernanos, Saint-Exupéry, Jean d’Ormesson, Patrick Modiano e Amélie Nothomb. È una controstoria dell’Età Moderna basata su un’idea di geniale semplicità: nel 1492 la spedizione di Cristoforo Colombo non ha il successo che sappiamo, tuttavia nel 1531 sono gli Inca a scoprire l’Europa sbarcando avventurosamente in Portogallo.
Pio V appare nell’ultimo capitolo, nel pieno del proprio pontificato (1566-1572), quando già gli equilibri e la vita del continente sono più che trasformate dal capovolgimento delle sorti, con gli americani che hanno di volta in volta agito da sapienti diplomatici o da spietati conquistadores sui territori di tutta Europa, tanto che un Inca ha conquistato il trono imperiale. In questo mutato contesto si muovono, attorno a papa Ghislieri, Cervantes, El Greco e Montaigne, tutti dai mutati destini. Anche le azioni di Pio V cambiano di conseguenza: senza voler rovinare la sorpresa ai lettori, basta dire che la battaglia di Lepanto viene combattuta ugualmente, per quanto con alleanze che oggi riterremmo sorprendenti ma che, nell’economia del romanzo, risultano perfettamente consequenziali e culminano nel trasferimento della Santa Sede in una città inattesa, dopo una vistosa deviazione della vita di Pio V rispetto alle biografie canoniche.
Più che a un esperimento di fantastoria, infatti, Civilizzazioni va paragonato ai grandi classici dello straniamento satirico. L’esempio più calzante sono le Lettere persiane: l’irruzione degli Inca coincide infatti con l’estensione del loro punto di vista inedito su ogni aspetto della storia e della cultura europea che noi diamo per scontati, con l’effetto di far emergere quanto di criticabile o di inconsulto è stato praticato all’epoca. Va dato atto a Binet che questo capovolgimento però non viene mai raccontato con intenti moralistici (l’autore non appare mai: la voce narrante è sempre mediata dal punto di vista dei personaggi) bensì con un bonario e azzeccatissimo senso dell’assurdo.
A conclusione, una finezza: la trama farà incontrare comunque Pio V ed El Greco, benché in circostanze diverse da quelle usuali, e al pittore verrà commissionato il ritratto del Pontefice. Il quadro fu completato, scrive Binet, “con grande contentezza del Santo Padre che ne fu molto soddisfatto, perché lo rappresentava che nascondeva la severità delle sue maniere”. È probabile che l’autore si riferisca al celebre ritratto di Pio V in trono che El Greco consegnò all’iconografia tradizionale del Papa, nonostante l’espressione non particolarmente cordiale; ma un altro ritratto, in cui Pio V appare ben più sorridente, è attribuito alla scuola del Greco ed è custodito nel Rettorato del Collegio Ghislieri. Chissà.