Negazione e consapevolezza – Paolo Mazzarello sulle epidemie fra passato e futuro

Epidemie e storia: intervista al prof. Paolo Mazzarello - Med.Stories

“Il Sars-Cov2 ha messo drammaticamente all’ordine del giorno l’inesauribile capacità che serba la natura di produrre pericoli sanitari globali. Non che non si sapesse, bastava leggere i dati dei virologi e degli epidemiologi per paventare questa minaccia ben prima dell’esplosione della pandemia. Ma era l’atteggiamento falsamente sicuro e promissorio generale che ingannava. L’idea che le scoperte della medicina marciavano ormai verso uno stato di sicurezza globale”. In un’intervista resa alla giornalista scientifica Rossella Lorenzi per il sito MedStories.it, che parla di medicina fra passato e futuro, il nostro Alunno prof. Paolo Mazzarello, ordinario di Storia della Medicina presso l’Università di Pavia, spiega che ogni epidemia può essere interpretata come “un grande esperimento naturale che mette gli esseri umani di fronte alla forza sconvolgente della natura”.

La ricostruzione del prof. Mazzarello parte dalla convinzione, maturata fra gli anni Sessanta e Settanta, che “le grande minacce epidemiche fossero un retaggio del passato, che ormai l’umanità fosse fuori da catastrofi sanitarie globali”. Argomenta che a questa convinzione hanno contribuito da un lato i successi ottenuti con gli antibiotici su malattie come la tubercolosi e la sifilide, dall’altro il “momento d’oro dei vaccini”, culminato nella messa a punto di quello contro la poliomielite. “Per la prima volta”, spiega, “una campagna dell’OMS, iniziata nel 1967, aveva cancellato dalla faccia della terra il vaiolo. È vero che erano comparse nuove minacce, come l’epidemia influenzale asiatica nel 1958 e quella di Hong Kong dieci anni dopo, che pure avevano provocato milioni di morti, ma poi si erano spente”.

Lo spartiacque va cercato nel 1981, continua il prof. Mazzarello, con la minaccia globale posta dall’Aids: “Un evento pandemico in grado di generare un’inquietudine generale anche se i progressi terapeutici hanno poi, impropriamente, attenuato la sensazione di pericolo. Un atteggiamento errato perché la malattia costituisce tuttora una grande minaccia”. Quanto invece a Sars, Mers, Ebola e Zika si è trattato di “patologie emerse ai margini delle società avanzate, rimaste abbastanza confinante e non percepite come pericoli incombenti su scala più ampia”.

Nell’immaginario collettivo, conviene il prof. Mazzarello, l’associazione più ricorrente è tuttavia con una malattia lontana nel tempo, la peste secentesca narrata dal Manzoni. Per quanto le due situazioni non siano comparabili, allora come ora si può ravvisare una prima sottovalutazione del pericolo, nel tentativo di non guardare in faccia la realtà. “Nei Promessi sposi si racconta di come Lodovico Settala – già professore a Pavia – si renda conto del pericolo, anche per averlo vissuto in gioventù in una precedente epidemia, e avvisi le autorità. A Chiuso (fra il territorio di Lecco e il bergamasco), denuncia al Tribunale di Sanità, era ‘scoppiato indubitabilmente il contagio’, ma, scrive Manzoni, non venne ‘presa veruna risoluzione’. Un ‘vecchio et ignorante barbiero di Bellano’ (allora i barbieri avevano anche funzioni sanitarie ed esercitavano la chirurgia minore) risponde ‘che quella sorta de’ mali non era Peste’. E qui ricorre alle tradizionali teorie miasmatiche per spiegare i contagi: sono le emanazioni autunnali delle paludi e le condizioni di disagio generale provocato dal passaggio dei soldati ‘alemanni’ ad aver causato i malanni”.

 Per quanto questa tendenza alla cecità volontaria sembri caratterizzare costantemente il genere umano nel corso dei secoli, va tenuto presente che il periodico ricorrere delle epidemie stimola “una consapevolezza che si accende nel nostro cervello in condizioni di pericolo, e che trova la sua spiegazione nei meccanismi evolutivi darwiniani dai quali prendiamo origine. Se l’uomo non innescasse delle reazioni di paura-evitamento, sarebbe già scomparso dalla faccia della terra”. E dunque, “indipendentemente dalle situazioni storiche occasionali, diverse di volta in volta, le relazioni a livello biologico mantengono aspetti costanti”.

Nelle sue dichiarazioni il prof. Mazzarello dedica inoltre ampio spazio alla figura di Luigi Sacco, il medico allievo del Collegio Ghislieri nel tardo Settecento, fautore della diffusione del vaccino contro il vaiolo in Lombardia: “Vi furono tuttavia opposizioni dure all’inoculazione e si sostenne che l’utilizzo di una sostanza proveniente da animali potesse comunicare all’uomo qualcosa di guasto, o addirittura di animalesco (i NoVax c’erano già allora!)”. Proprio dal lavoro di pionieri come Sacco o Jenner possiamo trarre la speranza: così come nella storia umana una costante è il tentativo di non accettare la realtà, un’altra è il tentativo di cambiarla in meglio sulla scorta del progresso scientifico. “Dai loro lavori”, conclude, “possiamo trarre speranza per nuovi vaccini in grado di prevenire nuove forme infettive che, purtroppo, sono sempre incombenti negli esseri viventi”.

Proprio a Il Ghislieri e la storia dei contagi il prof. Mazzarello ha dedicato il proprio intervento nell’ambito del ciclo di conferenze online “Non fermiamo la cultura”: il video è disponibile sul canale YouTube del Collegio e sulla nostra pagina Facebook.

Paolo Mazzarello, ghisleriano dal 1974, è Professore ordinario di Storia della Medicina presso l’Università degli Studi di Pavia. Fra i suoi libri, tutti di grande successo, ricordiamo L’inferno sulla vetta (Bompiani, 2019), Il Nobel dimenticato. La vita e la scienza di Camillo Golgi (Bollati Boringhieri, 2006, ristampato nel 2019 e tradotto in inglese nel 2010 per la Oxford University Press), Il professore e la cantante. La grande storia d’amore di Alessandro Volta (Bollati Boringhieri, 2006, ristampato da Bompiani nel 2020), Il morbo di Violetta. Carlo Forlanini e la prima vittoria sulla tubercolosi (Fiorina, 2018) e L’elefante di Napoleone. Un animale che voleva essere libero (Bompiani, 2017). Una selezione dei suoi saggi accademici è disponibile online. Dirige il Sistema Museale di Ateneo di Pavia. È membro dell’Istituto Lombardo e dell’Accademia Europaea, e consigliere del Comitato Direttivo dell’Associazione Alunni del Collegio Ghislieri.