Al ricordo del 25 aprile dell’Alunno Ettore Brissa si aggiunge quello dell’Alunno Roberto Fieschi, professore emerito presso l’Università di Parma e già membro, negli anni Ottanta, del comitato centrale del Partito Comunista Italiano. All’epoca dei fatti il prof. Fieschi stava per intraprendere gli studi in fisica a Pavia, dove si sarebbe laureato nel 1950. “I tempi peggiori”, ci racconta in occasione del settantacinquesimo anniversario della Liberazione, “vennero con l’occupazione tedesca. Mio padre nell’ultimo periodo della guerra partigiana è stato responsabile dei servizi medici ed è stato presente alla resa dei tedeschi della zona, in Prefettura, come socialista, per conto del Comitato di Liberazione Nazionale. Ricordo i soldati tedeschi che si ritiravano, marciando su due file ai lati della strada”.
Un altro ricordo indelebile del prof. Fieschi è legato alle parole con cui Sandro Pertini aveva proclamato l’insurrezione generale a Milano, culminando nell’esortazione “Ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Soprattutto però, continua il prof. Fieschi, “dell’atmosfera dei giorni dopo la Liberazione ricordo il senso di euforia e di grande attesa per le prospettive che si aprivano di un nuovo mondo, libero e giusto. Uscivano molti giornali, di poche pagine, e noi inizialmente li compravamo tutti.”
“In città”, racconta ancora, “non assistemmo a molti atti di violenza. Ricordo un repubblichino preso a pugni e calci, e due ragazze, che erano state nel corpo delle Ausiliarie ed erano vicine ai tedeschi, rapate a zero e insultate. Di altre violenze si seppe più tardi”. Adesso, a settantacinque anni di distanza, il ricordo della Liberazione vive soprattutto nella testimonianza collettiva. Il prof. Fieschi ha sempre fatto un punto d’orgoglio partecipare alle celebrazioni in ogni anniversario del 25 aprile: “Prima con Anna, poi coi miei figli piccoli in collo o per mano, più avanti con i nipotini, che ormai sono cresciuti e oggi partecipano con il loro gruppo di compagni. Né trovo modo migliore per ricordare la Liberazione che riprendere qualche bano delle lettere dei condannati a morte nella Resistenza, che tempo fa lessi con commozione anche ai miei figli”.
“Penso che ormai pochi fra i giovani le conoscano”, conclude il prof. Fieschi, “ma vale proprio la pena di non dimenticare chi ha offerto il suo sacrificio per tener fede ai propri ideali, aprendo così la strada alla rinascita del nostro Paese dalle macerie del fascismo”.